Un miracolo ieri a Napoli c’è stato, il consueto miracolo di San Gennaro, non quello atteso e desiderato dall’amministrazione comunale alle prese con la difficile eredità finanziaria lasciata da de Magistris. Il Patto per Napoli, la benevola promessa panacea che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi napoletani, vale ormai come le promesse fatte dal gatto e dalla volpe all’ingenuo Pinocchio. Nel campo de’ miracoli, il nostro deluso Pinocchio ha trovato un corposo emendamento del governo, che aggiunge l’articolo 173 bis alla legge di stabilità 2022, con l’intento di stabilire misure per il ripiano del disavanzo nei comuni sede di città metropolitana.

Un provvedimento che assegna 2,6 miliardi a tutte le città metropolitane (non solo Napoli, quindi) con un disavanzo pro capite superiore a 700 euro, fondi che saranno ripartiti secondo un importo variabile fino al 2042 (è prevista l’erogazione di 150 milioni nel 2022, 580 milioni per il biennio 2023-24, 240 milioni per il 2025 e 100 milioni per ciascun anno del periodo 2026-2042). Secondo fonti di Palazzo San Giacomo, la metà del contributo complessivo dovrebbe andare alla città di Napoli, in quanto detentrice del debito più elevato. Il contributo statale è destinato in via prioritaria al pagamento dei debiti commerciali, offrendo in trattativa per il loro saldo una somma variabile tra il 40 e l’80 % del totale dovuto, in relazione all’anzianità (i debitori da più di 10 anni potranno recuperare il 40 %, mentre quelli che vantano crediti inferiori a tre anni recupereranno l’80 %). I fondi devono essere tuttavia coperti, per tutto il periodo del contributo statale, da risorse proprie pari ad un quarto del contributo annuo, somme da destinare al ripiano del disavanzo e al rimborso dei debiti finanziari.

Ciò significa, in altri termini, che il contributo statale promesso si ridurrà di un quarto ogni anno, gravando in parte sulle entrate comunali che dovrebbero essere rimpinguate ricorrendo all’aumento dell’addizionale Irpef e dei diritti di imbarco portuali e aeroportuali, alla valorizzazione del patrimonio mediante l’incremento dei canoni di locazione o usufruendo di appositi piani di alienazione, avvalendosi anche di enti pubblici e privati, e infine all’incremento della riscossione. A tutto questo si aggiunge l’obbligo di procedere a piani di snellimento e di riorganizzazione della struttura amministrativa, di razionalizzazione delle partecipate, e di contenimento della spesa stipendiale. L’attuazione di questi interventi sarà monitorata in base ad obiettivi annuali, sotto la supervisione della Commissione per la stabilità finanziaria per gli enti locali, con scadenza semestrale. Insomma, detto in termini più semplice, il governo non ha regalato nulla, ma ha solo consentito un margine di respiro per poter avviare una complessa ristrutturazione della macchina comunale e del sistema di riscossione e di gestione del patrimonio che impegnerà nell’immediato futuro questa amministrazione.

Siamo lontani dalle rosee promesse del Patto per Napoli su cui si è fondato in gran parte il successo elettorale di Manfredi e che prometteva, lo ricordiamo, l’istituzione di una gestione commissariale del debito e una dotazione da 500 milioni a 1 miliardo annui, a cui si aggiungeva un piano straordinario di assunzioni di personale qualificato. Una volta varata la legge di bilancio, entro il 15 febbraio 2022, il Sindaco dovrà sottoscrivere con il presidente del Consiglio un accordo quadro in cui dovrà essere stabilito il piano di risanamento e di rilancio degli investimenti. Un’operazione complessa e delicata che una maggioranza piuttosto variegata, già in fibrillazione, dovrà affrontare in tempi stretti e che imporrà nuovi sacrifici alla cittadinanza.

Resta il nodo delle riforme che dovranno essere attuate in tempi rapidi, e soprattutto il problema della evasione: tasse e proventi rappresentano appena il 12,13% di tutte le entrate comunali, un dato che non è solo frutto di uno scarso senso civico e di cronici inviolabili privilegi, ma è anche l’effetto di sacche ampie di disagio e miseria. Nata sotto gli auspici ottimistici dello sviluppo favorito dai fondi del Pnrr, la nuova amministrazione si troverà ora a mostrare alla cittadinanza il volto impietoso dell’esattore venuto a pretendere altri sacrifici. La situazione particolare di Napoli meritava una diversa attenzione, ma è mancata la forza politica per pretenderlo.