La correttezza costituzionale è più di una mera prassi opportuna da seguire, anche se non seguirla non significa mettere in campo scelte incostituzionali. Questa la domanda: l’adozione da parte del Governo del decreto-legge 162/2022 rientra nell’ambito della correttezza costituzionale? Che in sé violi o meno l’articolo 77 comma 1 della Costituzione non è questione sulla quale la Corte Costituzionale sembra possa intervenire in sede di udienza dell’8 novembre 2022.

Davvero esiste una evidente mancanza dei presupposti costituzionali della decretazione d’urgenza? Nel decreto-legge è scritto che si è utilizzata la decretazione d’urgenza in vista della “imminenza” della data dell’8 novembre. Può la Corte sostenere che l’imminenza della sua udienza non soddisfa il caso straordinario di necessità e di urgenza? Ne dubito. Vedo solo una possibilità, che tuttavia non riesce a condurre alla incostituzionalità, semmai a una presa d’atto di un comportamento al limite della correttezza costituzionale. La Consulta ha rinviato due volte l’udienza: la prima volta con l’ordinanza 97/2021, per dare un congruo tempo di intervenire “al Parlamento” e la seconda con l’ordinanza 122/2022, perché il Senato, per voce del Presidente della Commissione giustizia, ha chiesto di poter completare l’iter di approvazione della riforma.

Il doppio rinvio della Consulta si è quindi basato sulla necessità di una collaborazione istituzionale tra la stessa Consulta e il Parlamento. Nel momento in cui all’udienza dell’8 novembre la Corte si ritrova per le mani un decreto-legge e non una legge ecco che siamo al limite della correttezza costituzionale. Peraltro, l’adozione e l’emanazione del decreto-legge hanno legato le mani alla Corte: come può esprimersi nel merito (è lei che lo deve fare, non il giudice a quo, avendo testualmente fatto riferimento, nell’ordinanza 97/2021, al compito di valutare, all’esito dell’intervento normativo, la disciplina risultante), se in sede di conversione potranno apportarsi emendamenti?

Certo, alcuni sosterranno che la Corte giudica quello che ha di fronte e che, pertanto, potrebbe decidere vuoi per la incostituzionalità del decreto-legge rispetto ai requisiti costituzionali della decretazione d’urgenza vuoi per la incostituzionalità delle disposizioni riguardanti l’ergastolo ostativo, rispetto a uno o più parametri costituzionali e alla sua stessa giurisprudenza. Vero, nulla si può escludere, ma, da una parte, la Corte dovrebbe dire che la collaborazione istituzionale era solo con il Parlamento e, dall’altra, finirebbe comunque per esprimersi su una disposizione modificabile in sede di conversione.

La soluzione più lineare, quanto meno quella con meno problemi, è che la Consulta rinvii di due mesi la sua udienza, il tempo costituzionalmente imposto per convertire in legge. E questo lo potrebbe fare calcando la mano proprio sulla questione della correttezza costituzionale: il Governo furbescamente ha trasfuso nel decreto-legge le disposizioni approvate in prima lettura dalla Camera, con qualche aggiunta, non lieve; difficile non ipotizzare qualche modifica in sede di conversione, visto che il partito oggi di maggioranza relativa fu tra i pochissimi che alla Camera si astenne, ritenendo il testo “troppo timido, balbettante, claudicante” secondo le parole di Delmastro Delle Vedove che, in sede di dichiarazione finale di voto, ha concluso: “Se deve saltare la presunzione assoluta di pericolosità sociale, introduciamo una tempesta di presunzioni relative, vincibili, con onere probatorio rafforzato, in capo al mafioso, perché dal carcere esci se non sei più mafioso. Se, invece, rimani mafioso e non collabori, nella visione della destra in carcere ci rimani e ci muori” (Resoconto stenografico, Camera, 31 marzo 2022, p. 5 e p. 37).

Detto questo, e alla Corte basterebbe dire che in sede di conversione si possono apportare emendamenti, la stessa Consulta potrebbe richiamarsi proprio alla correttezza costituzionale, da lei messa in campo sotto forma di collaborazione istituzionale, che la stessa Corte intende perseguire fino a che il Parlamento non si esprimerà in proposito. Chiaro che il decreto-legge produce effetti immediati, ma fino all’udienza dell’8 novembre non vedo altra possibilità, se non quella di aggiornare i procedimenti pendenti nei tribunali di sorveglianza al giorno successivo a questa data. Una variazione di calendario quasi innocua e, del resto, non è che esistano disposizioni mitior che reclamano di essere subito applicate.