Se non è usuale confessarlo, almeno è onesto. Sono fuggito dalla regione, per rilassarmi in vacanza due settimane, agli inizi di agosto. Da sempre sono al riparo dal rischio di assembramento, per una naturale misantropia che cresce con gli anni e perché il mio buen retiro sulle montagne abruzzesi è volutamente lontano da rotte turistiche. Non si può farlo (c’è sempre un parente o una persona amica con la quale è necessario restare in contatto), ma staccherei anche ogni comunicazione, riducendo allo stretto indispensabile l’uso del cellulare, scordandosi di televisione, computer e giornali, andando a zonzo nei boschi e a pesca, lasciando il mondo fuori dalla porta e recuperando letture inattuali di classici che riconciliano con la grande letteratura e il sublime, inquietante o rasserenante, pensiero filosofico.

Così ho appreso in ritardo del precipitoso ritiro statunitense dal paludoso inferno afgano e quel che ne è seguito, schivando felicemente la polemica estiva contro un sottosegretario troppo loquace e le liti dentro la maggioranza di governo. Soprattutto, però, ho brillantemente dribblato le schermaglie della campagna elettorale napoletana, che peraltro avrei potuto anticipare al millimetro a occhi chiusi. Si urla come sempre al trasformismo per i cambi di casacca s’invoca coerenza (dai nemici; per gli amici, passi), si mena scandalo per le troppe liste, magari anche poco “pulite”, prendendosela coi candidati a sindaco che, assicurata personale intemeratezza e promesso il rigoroso controllo del sangue dei reclutati a sostegno e dei loro parenti e amici fino alla settima generazione precedente, puntualmente si sbracano via via che il giorno del voto si avvicina, per strappare consenso agli avversari. Sorrido. I notabili del Regno il “trasformismo” lo hanno inventato, con Depretis e prima ancora con Cavour.

Un noto politico democristiano era soprannominato Tarzan per la velocità con cui cambiava corrente, volando di liana in liana e col tempo la pratica si è perfezionata, volete che facciano specie piccoli personaggi oggi a destra, ma pronti a giurare di essere sempre stati di sinistra o viceversa, e giocolieri del pro, ma anche del contro (in cuor loro, s’intende) de Magistris? Anche i due candidati più in spolvero, del resto, si sono trasformati in aspiranti politici e amministratori, da che facevano bene altri mestieri. Sulla pulizia pretesa da prefetti e da alcuni magistrati, leggi, pubblici ministeri e preti permettono di perdonare i delinquenti, purché pentiti. Nulla di nuovo anche qui, restiamo un Paese laico di ipocriti bigottoni. Infine, l’appello a confrontare programmi e a esibire squadre competenti. Qui i candidati si fanno vaghi ed ecumenici, hai visto mai scontentare.

Come a ogni appuntamento elettorale, Antonio Bassolino ha scodellato un nuovo libro, che leggerò presto, sicuro di trovarci proposte serie. Lo farei anche coi prodotti consimili di Manfredi e Maresca, essendo certo che qualche brillante laureato e dottore di ricerca precario starà per loro compilando un pamphlet di idee. Il valore aggiunto per motivare l’elettorato è infatti proprio la visione e la competenza. Di consigli comunali di persone perbene, ma incapaci, è pieno il mondo, come di pietre lastricate di buone intenzioni che menano all’inferno.