Non bastavano le condizioni ostative previste dalla legge e dalla commissione parlamentare Antimafia. Gaetano Manfredi ha deciso di  subordinare la candidatura degli aspiranti consiglieri di centrosinistra a regole ancora più stringenti. Ne sanno qualcosa Salvatore Madonna e Aniello Esposito, consiglieri uscenti del Pd che rischiano di non figurare nella lista del partito alle comunali di ottobre. Il motivo? Entrambi sono stati coinvolti in Listopoli, cioè nel caso delle persone candidate a loro insaputa in alcune liste di centrosinistra in occasione delle comunali di cinque anni fa.

Madonna ed Esposito, infatti, hanno patteggiato una pena di sei mesi di reclusioni per reati elettorali: quanto basta per spingere Manfredi a escluderli dal voto di ottobre. Il codice etico varato dall’ex ministro, però, rischia di rivelarsi un’arma a doppio taglio. Se da una parte, infatti, quelle regole sono utili a fare chiarezza sulla posizione dei candidati rispetto alla legge, dall’altra fanno emergere l’inconsistenza che ha caratterizzato il centrosinistra napoletano negli ultimi dieci anni. La questione del patteggiamento di Madonna ed Esposito può essere anche momentaneamente accantonata. L’applicazione della pena su richiesta delle parti, d’altro canto, non implica alcuna ammissione di responsabilità dell’imputato, ma solo che quest’ultimo accetti di essere “giudicato” in base alle attività d’indagine svolte dal pm e rinunci alla formazione della prova nel contraddittorio come previsto dalla Costituzione. Non solo: la sentenza di patteggiamento è equiparata, ma non è affatto uguale a una pronuncia di condanna.

Basterebbero queste osservazioni a contestare la scelta di escludere da una lista due candidati che hanno patteggiato sei mesi di reclusione. Ma qui il discorso è di carattere politico. Manfredi e i vertici napoletani del Pd, infatti, dovrebbero cogliere l’occasione offerta dalle prossime comunali per avviare quel necessario ricambio della classe dirigente di centrosinistra. E, nel farlo, non dovrebbero ispirarsi alla “dottrina Morra”, cioè quella che misura il “tasso di presentabilità” dei candidati in barba a qualsiasi cultura garantista, ma ai risultati dell’impegno politico di ciascun esponente della coalizione. In altre parole, se è destino che siano “impallinati”, Madonna ed Esposito dovrebbero esserlo non per il loro coinvolgimento in questa o in quella vicenda giudiziaria, ma per la ridicola opposizione a Luigi de Magistris.

Per dieci anni il sindaco ha isolato Napoli, alimentato lo scontro istituzionale con Regione e Governo nazionale, fatto lievitare il debito comunale e azzerato i servizi a cittadini e imprese. Davanti a tanta e tale devastazione, il Pd e il resto del centrosinistra si sono dimostrati spesso ambigui, talvolta complici, finendo per offrire una sponda agli arancioni in più di una circostanza. È sulla base di queste considerazioni che Manfredi avrebbe già dovuto stimolare – per non dire pretendere – un ricambio della classe dirigente di centrosinistra.

La sua scarsa tempestività su un tema tanto cruciale rivela la sua debolezza e la sua sudditanza rispetto alle logiche giustizialiste imposte dai vertici del Pd, sempre “accucciati” ai piedi dell’alleato grillino: non proprio un bel biglietto da visita per un aspirante sindaco, non c’è che dire.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.