Claudio De Fiores è docente di Diritto costituzionale all’Università di Napoli.

La risoluzione parlamentare sull’invio di armi con cui il Parlamento ha scelto di dare una delega in bianco al governo fino al 31 dicembre riguarda soltanto l’invio di armi, il nostro governo è comunque liberato da quella risoluzione dall’obbligo di riferire in Parlamento?
I margini per affrontare nuovamente la questione dell’invio delle armi sono alquanto ristretti. Il Parlamento ha votato una risoluzione che delega ogni decisione politicamente rilevante su questo punto al Governo. Il Parlamento è venuto meno alla funzione di controllo che gli spetta, dando al Governo carta bianca.

Quali sono gli strumenti di cui dispone il Parlamento allora in queste situazioni?
Nel caso di specie sono state previste nuove procedure che coinvolgono anche il Copasir. Certo sarebbe ingenuo pensare che tutto possa risolversi in questa sede. Si tratta di una soluzione che, in definitiva, indebolisce il ruolo del Parlamento. Il Copasir è un soggetto privo di poteri di indirizzo e composto paritariamente da maggioranza e opposizioni. Insomma una soluzione alquanto dimidiata. Il confronto politico è altra cosa.

Lo stato di guerra non è stato dichiarato. L’Italia è in guerra?
Per dichiarare lo stato di guerra è necessario procedere alla sua deliberazione nelle forme previste dall’art. 78. E questo non c’è stato. Allo stesso tempo non ha senso parlare di belligeranza benevola. La dottrina internazionalistica ha sempre espresso forti dubbi su questo punto. Ciò che è certo è che la Corte Internazionale di Giustizia, in occasione della stesura della sentenza Nicaragua del 1986 ha dichiarato la fornitura di armi un atto illegittimo e ha definito il suo impiego nei termini di “uso della forza”.

Se siamo cobelligeranti all’atto pratico, ma non lo siamo formalmente perché la dichiarazione di guerra non c’è stata, quali norme ci governano in questo stato?
L’Italia ha già preso parte a delle guerre senza impiegare l’articolo 78 della Costituzione. La dichiarazione di guerra non c’è stata nemmeno nel corso delle cosiddette guerre di globalizzazione. C’è stata in questi decenni una messa in mora del corpo vivo della Costituzione. Si sono fatte le guerre e non solo non sono state dichiarate, ma non sono state nemmeno definite tali. Si sono preferite altre espressioni (azione di contrasto al terrorismo, operazione di polizia internazionale, ingerenza umanitaria e altre ancora) proprio al fine di eludere le procedure di instaurazione dello stato di guerra e la sua condizione legittimante: deve trattarsi di una guerra di difesa. L’articolo 78, supportato da un vasto corollario di norme (dalla proroga delle Camere alla giurisdizione di guerra) furono immaginate per far fronte a un eventuale attacco di un altro Paese al nostro territorio.

Il ministro della difesa statunitense Lloyd Austin ha chiesto ai presenti all’incontro di Ramstein di stare dentro un gruppo di contatto di 43 paesi, al comando del quale si mettono gli Stati uniti, allo scopo di “sconfiggere Putin”. Ha detto: “non c’è tempo da perdere, dobbiamo muoverci a ritmo della guerra e impedire a Mosca di rimettere in sesto le sue forze armate”. “Dobbiamo indebolire la Russia impedirle di acquisire la forza necesssaria per aggredire altri Paesi”. Il nostro ministo Guerini, che all’incontro ha partecipato, ha presumibilmente risposto di sì. Tornato in Italia può non riferire nel dettaglio quali impegni ha preso a nome nostro, se li ha presi, per far muovere anche l’Italia “al ritmo della guerra”?
Dopo l’incontro Nato a Ramstein si è registrato un salto di qualità nell’esasperazione del conflitto. All’interno della nuova agenda della Nato la priorità sembra essere divenuta l’annientamento del nemico e il cambio di regime a Mosca. Se questo è un obiettivo condiviso anche dal Governo italiano sarebbe opportuno un nuovo confronto in Parlamento sulle nuove linee di politica militare.

Qual è in questo quadro il ruolo del Consiglio supremo di difesa?
Il Consiglio supremo di difesa nasce con funzioni di consulenza e informazione del presidente della repubblica, tuttavia negli ultimi tempi ha dilatato significativamente le sue funzioni. C’è un elemento inquietante. ha assunto nel tempo funzioni di indirizzo politico. Anche dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo è stato il primo organo a riunirsi. Prima del Governo e del Parlamento. Ma il punto di svolta fu la crisi libica del 2012. Ricordo una espressione usata dal presidente della repubblica Napolitano in quella circostanza. Disse: “le decisioni sono state assunte dal Consiglio superiore di difesa da me presieduto, sebbene successivamente avallate dal Parlamento”. E’ evidente la distorsione dei rapporti tra gli organi costituzionali che questo modus operandi produce e anche le sue conseguenze pregiudizievoli sulla forma di governo.

Il ministro della difesa ha spiegato in commissione oggi che tra le ragioni della segretezza della lista delle armi ci sarebbe lo scrupolo di non “far sentire Mosca provocata dall’enfasi sugli invii”. Mosca si indispettisce di meno se teniamo segreta la lista di armi che in ogni caso inviamo?
Non è necessario scomodare i classici del diritto internazionale per comprendere che l’invio delle armi è un atto ostile. Inviarle con enfasi o con riserbo cambia poco.