Basta con la politiche del tirare a campare, del tanto dei deboli e degli emarginati si occupano associazioni e volontari, dell’accoglienza ai profughi della guerra in Ucraina e dell’indifferenza verso quelli di altre guerre, di chi pensa di poter fare il cittadino o il politico a intermittenza, solo quando gli va, solo sulla spinta del momento. L’intervento di don Luigi Ciotti al convegno a Napoli per i trent’anni della Dia (Direzione investigativa antimafia) è un urlo per scuotere le coscienze di tutti. «Auguro a tutti il conflitto delle coscienze, perché la coscienza pacificata è inerte, invece qui c’è bisogno di coscienze sveglie, attente», dice.

«Le celebrazioni vuote e la retorica della memoria non servono, c’è bisogno di una memoria viva e di un impegno non un giorno all’anno ma tutti i giorni», afferma ricordando le vite dei tanti, fra appartenenti alle forze dell’ordine e cittadini comuni, che si sono sacrificati per la legalità e sottolineando l’importanza di quella che definisce «la sacralità delle istituzioni» troppo spesso ignorata, dimenticata, mortificata. «Non c’è pace senza giustizia e non c’è vita senza coscienze inquiete», aggiunge. «Mai deve venir meno la denuncia a viso aperto, la denuncia di quelle scelte politiche che impongono genuflessioni alla povera gente. I fermenti, la creatività e la fantasia che trovo in questa terra – afferma parlando poi di Napoli e dintorni sono unici nel nostro Paese. Certamente sono fermenti anche faticosi, non sempre facili. Qui ci sono storie, percorsi, visioni che fanno onore al nostro Paese, ma non possiamo nascondere le emergenze che ci sono». Ed elenca criticità che accomunano tutta l’Italia e che a Napoli appaiono amplificate: «Siamo il Paese con circa 6 milioni di persone e 1.300 bambini in povertà assoluta, con quasi 3 milioni di ragazzi che terminato il percorso di studi non trovano un lavoro, e all’ultimo posto in Europa per povertà educativa».

A Napoli, in particolare, il problema dei giovani assume proporzioni allarmanti se si considera che in alcuni quartieri della città, come sottolineato dal prefetto di Napoli Claudio Palomba, il tasso di dispersione scolastica raggiunge anche la soglia del 50/60%. «Abbiamo politiche che spingono a tirare a campare. E questo genera una grande contraddizione – dice don Ciotti C’è troppa sproporzione tra solidarietà e giustizia, non si può delegare l’ortopedia sociale solo a chi fa volontariato, bisogna creare una corresponsabilità, una osmosi anche tra le istituzioni e i cittadini». E conclude con un sogno: «Mi auguro che il volontariato sparisca, sarà il momento in cui i cittadini faranno davvero i cittadini adoperandosi per il bene comune. Abbiamo per ora troppi che lo sono a intermittenza, a seconda dei momenti e delle emozioni – aggiunge- Di fronte a certe tragedie c’è tutto e il contrario di tutto. Di questa guerra in Ucraina, per esempio, ci occupiamo ed è giusto che sia così, ma delle altre 33 guerre chi se ne occupa?». «Diritti, libertà e democrazia sono beni che possono essere anche persi e per questo vanno quotidianamente preservati, manutenuti e difesi», afferma il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, prendendo la parola dopo don Ciotti e ricordando come la Dia «sia una struttura essenziale malgrado il progetto attorno a cui fu costruita non abbia assunto le dimensioni originariamente concepite».

«Parametro e criterio di orientamento delle scelte deve essere la scrupolosa osservanza della legge – aggiunge il capo dei pm napoletani È necessario rafforzare il ruolo sociale e politico dell’azione associativa e che la magistratura assuma su di sé l’obbligazione ad assicurare la trasparenza, l’efficienza, la responsabilità sociale dei propri comportamenti e del funzionamento della macchina della giustizia». Un grande impegno, soprattutto visto il momento di crisi di fiducia della magistratura ma anche crisi di fiducia delle istituzioni in generale. «Il nostro compito è dare risposte – ricorda il prefetto Palomba e rimediare alla fiducia nelle istituzioni che manca ed è mancata». Il convegno per l’anniversario della Dia è anche l’occasione per una mostra allestita all’interno di Palazzo Salerno, sede del Comando delle forze operative Sud dell’esercito italiano. Una mostra dedicata soprattutto alle scolaresche, ai giovani. Già, i giovani, quelli che nei fatti sono spesso dimenticati e ignorati. Se ne parla tanto sempre quando accade un fatto di cronaca che li vede protagonisti come vittime o responsabili. «Serve una spinta educativa più ampia», sottolinea il sindaco Gaetano Manfredi, «per evitare che i simboli del male e la subcultura della violenza trovino nei giovani una forma di identificazione pericolosa e pervasiva».

«La famiglia, la scuola e le istituzioni devono fare sistema, solo così si può prevenire il fenomeno delle baby gang», aggiunge il capo della Polizia Lamberto Giannini. Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, invece annuncia un ridimensionamento del programma “Strade sicure” con la riduzione da 7.800 a 5mila militari nei nostri territori: «Non lo faccio perché voglio essere reticente a dare un aiuto, ma perché le cose vanno ricondotte nel loro alveo più ordinario e vero. Se c’è bisogno di maggiore capacità di controllo del territorio, questo dev’essere colto con la capacità di incrementare i numeri delle forze di polizia. Le forze armate fanno un altro lavoro, possono cooperare, ma non dobbiamo trasformare ciò che nasce da logica emergenziale a qualcosa di ordinario», afferma. E viene da pensare a quante volte, soprattutto dalle nostre parti, l’eccezione è diventata purtroppo la regola.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).