Presto un film per i Måneskin, ma che dico, subito un “musicarello”! E che sia una storia avvincente, così da far rivivere i fasti del tempo mitico di quando i fan contavano davvero. Esatto, proprio quando a un giovane cantante in vertiginosa ascesa o magari già sul trono dei jukebox, o perfino un gruppo, anzi, un “complesso”, come si diceva allora, diventava famoso, era d’obbligo offrirgli un film, come Vangelo parallelo, per la soddisfazione di coloro che ne collezionavano perfino le ciocche. Un Musicarello. Ovvero un film spassionatamente giovane, adolescenziale, spigliato: mosse, sospiri, attese, baci, abbracci, patemi, lacrime, incomprensioni, liti se non scazzi irreparabili e infine soluzioni sentimentali rallegranti, così che le pulsioni del nuovo beniamino potessero essere ulteriormente messe a frutto spettacolarmente, per la meraviglia del botteghino e di tutto il pubblico adorante.

Gianni Morandi, figlio del ciabattino comunista, per questo tipo di opere brillava in prima fila; lo stesso accadeva a Little Tony e Tony Renis. Pensandoci bene, anche i Måneskin dovrebbero abbandonarsi quanto prima a un musicarello a propria immagine e somiglianza, ovviamente con le variazioni di gusto e di libertà, perfino sessuali e psichedeliche che il nostro tempo fluido pretende. Immaginiamo bene Damiano David, così come gli altri pischelli della band, a mettere in scena la propria storia, la genesi del sogno del successo, parole retoriche, lo so, ma in questo genere di lavori cinematografici minori non si sottilizza mai, mica stiamo parlando di Ingmar Bergman. In questo senso, come soggettista, sceneggiatore, autore e perfino regista perfetto vedrei Walter Veltroni, sarebbe “la morte sua”, per intendere che l’uomo possiede tutti gli strumenti per fare centro.

Il musicarello dei Måneskin, ne converrebbe anche il prescelto regista fortunato, andrebbe girato rigorosamente a Roma, nel quartiere di Monteverde, da dove quasi tutti i ragazzi giungono. Un bel set condiviso tra via di Villa Pamphili, via dei Quattro Venti, via Giacinto Carini, piazza Rosolino Pilo, via Innocenzo X, via Fonteiana, via Abate Ugone. E anche un po’ di Monteverde Nuovo, puntate fino a Donna Olimpia e via Ozanam, non oltre Colli Portuensi, o forse anche con il Buon Pastore laggiù a Bravetta sullo sfondo, già luogo dei primi passi da dj di Jovanotti. Il quartiere si presta, non per nulla è ritenuto appannaggio poetico-residenziale di artisti e poeti, Pier Paolo Pasolini, Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, e ancora, per citarli proprio tutti, lo splendido quasi settantenne Nanni Moretti, il Premio Oscar Nicola Piovani, Adalberto Maria Merli indimenticabile nei panni di Richard duca di Gloucester nello sceneggiato La freccia nera di Anton Giulio Majano. Da qualche anno perfino Renato Zero, lì al Vascello, la sua casa confina con il Grande Oriente d’Italia. E molti altri ne ometto per brevità.

Davvero come location sarebbe il posto perfetto. A proposito del suggerimento, non dimentichiamo che molti anni fa ciò che succede oggi in termini divistici all’irresistibile Damiano accadeva all’ormai rimosso Mal dei Primitives, il ragazzo britannico non poteva andare in strada senza rischiare di essere aggredito delle fan in cerca di una sua reliquia perfino carnale, così anche per lui giunse il musicarello, “Pensiero d’amore”, come il brano. Qualora i Måneskin dovessero ritenere inadatto, sminuente, improprio, rispetto alla cifra glamour del carisma rock una offerta simile, a maggior ragione dopo le vittorie a Sanremo e all’Eurovision Song Contest, cioè proprio un musicarello, commetterebbero un errore imperdonabile.

Nel dire così, immagino già le telefonate dei produttori a Veltroni per sollecitarlo, dopo il film C’è tempo, a dedicarsi subito al nuovo lavoro, magari chiamando i ragazzi per un primo briefing orientativo. Adesso però un po’ di storia del genere non gusta: il regista dei musicarelli, per definizione, era Ettore Maria Fizzarotti, proprio a lui dobbiamo i capolavori del genere al tempo delle bustine cachi: una caserma di Napoli, dove il giovanissimo Morandi, chiamato “Giberna”, si trovava sotto le armi, un Gianni innamorato di Laura, volto angelico, Laura Efrikian. Perfino quest’ultima, che conosciamo personalmente, potrebbe dare qualche suggerimento, perché no, a Victoria De Angelis, la bassista brava, bella e bionda del gruppo, come si china lei sulle corde con postura da rocker davvero nessuno. Purtroppo, la leva obbligatoria è stata abolita, e quindi non si potrà ricostruire la stessa atmosfera cara a Gianni e Laura, con Nino Taranto nell’uniforme dello zio maresciallo, il caratterista siciliano Nino Terzo sergente balbuziente e tutti gli altri. Imperdonabilmente, dimenticavo di citare Al Bano e Romina, anche loro pupilli del genere, sebbene all’origine di tutto vi siano stati Claudio Villa e Luciano Tajoli.

Tornando ai primordi ricordiamo pure I ragazzi del jukebox (1959) e Urlatori alla sbarra del ‘60 diretti addirittura da Lucio Fulci con i giovanissimi Adriano Celentano e l’immenso Chet Baker, che in un parco di Roma, accompagnandosi con la tromba, canta struggentemente “Arrivederci”, e perfino Renato Mambor, in seguito artista conclamato della pop art romana. È proprio da questo background si dovrebbe partire per realizzare il musicarello che mostri i Måneskin. Ora, visto che non amiamo tenere le idee solo per noi nel cassetto, si provi a immaginare qualche traccia del racconto. Bene, forse il musicarello potrebbe cominciare con le difficoltà scolastiche di Damiano David, studente al liceo linguistico “Montale”, cui si affiancheranno presto Thomas Raggi, chitarrista, e Victoria De Angelis, bassista, questi ultimi si sono conosciuti invece al liceo “Kennedy”, proprio in via Dandolo, di fronte casa di Carlo Verdone. Mentre Ethan Torchio, il batterista, è arrivato nella band rispondendo a un annuncio su Facebook. Magari pure un cameo, “partecipazione amichevole”, di Verdone nei panni di se stesso che scende a buttare la monnezza nel cassonetto ci starebbe altrettanto bene, no?

E ancora, a successo sanremese raggiunto, il racconto di una Victoria che al telefono ordina un burger di quinoa e lenticchie alla “Beveria” di via Francesco Bolognesi, là dove passa il 44, l’autobus che fa capolinea in via Montalcini, luogo della presunta prigione di Aldo Moro. Poi eccoli in giro per fare le locandine per pubblicizzare i primi concerti presso la cartoleria di Cristiano Di Giorgio, i concerti a Trastevere in via Agostino Bertani in occasione del “Bertani Dai”, kermesse annuale organizzata da Lorenzo Terranera e Susanna Mattiangeli, con i Måneskin lì sul palco subito dopo lo show di Jack La Cayenne, oltre che le esibizioni in via del Corso, poi, poco alla volta, fino a “X Factor”, Sanremo con i vestiti di Etro e, ovviamente, anche le soste a Villa Pamphili per andare “a risolvere”.

Un attore, ancora da scegliere, dovrebbe infine interpretare il conduttore bielorusso Grigoriy Azaryonok, filo regime di Lukashenko, che commentandone la vittoria a Rotterdam accennava a «un bestiario di pervertiti, un bestiario di checche, in odore di Aids. Il mondo moderno della democrazia e del progresso sta avanzando con successo verso la completa degradazione, verso la perversione, verso gli individui in perizoma, verso la distruzione di tutto ciò che di umano ha un essere umano. Da questo progresso dovremmo recintarci con una cortina di ferro. Meglio avere una dittatura». E che il film esca già il prossimo autunno. Ah, anche il forno “Carpiceci” potrebbe figurare in una scena d’abbracci corali con assolo di chitarra finale.

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Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "Quando c'era Pasolini" (2022). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube. Il suo profilo Twitter @fulvioabbate