Il Presidente della Repubblica ieri ha diffuso un comunicato stampa per rispondere a quelli che nei giorni scorsi gli avevano chiesto di intervenire sulla crisi verticale che sta abbattendo il prestigio e la credibilità del sistema giustizia. In particolare della magistratura. Mattarella, in questo comunicato, ha detto cinque cose.

1) Sì, il Csm è governato da un sistema correntizio degenerato che crea sconcerto e riprovazione. (Le parole sono tutte scelte con cura da lui).

2) In quel sistema c’è ormai una inammissibile commistione tra politici e magistrati.

3) Lui però non può sciogliere il Csm, perché la Costituzione non lo consente. Tocca al Parlamento varare al più presto una legge che riformi il Csm.

4) Del resto, se lo sciogliesse, non farebbe altro che rallentare tutti i provvedimenti disciplinari.

5) Le richieste di intervenire per condannare gli attacchi di Palamara e altri contro Salvini sono irricevibili. C’è già una procedura disciplinare e un processo penale avviati per quel magistrato e un suo intervento sarebbe una interferenza. Proviamo a ragionare un attimo. Tutto giusto quel che dice il Presidente, che comunque denuncia il collasso della giustizia e, seppure diplomaticamente, dà ragione a Salvini.

Ma c’è qualche omissione. 1) I provvedimenti disciplinari avviati riguardano solo la prima fase del Palamara-gate: nella seconda fase, che ha coinvolto decine e decine di Pm, non è stato ancora chiesto nessun procedimento. La cosa appare assurda. 2) Vero che c’è un procedimento penale contro Palamara, ma sul caso Di Matteo-Bonafede (sempre un magistrato, anzi un consigliere del Csm, che ha accusato un ministro addirittura di connivenze con la mafia) il silenzio più incredibile. Cosa ne dice il Presidente?  3) Il Csm in carica ha in modo evidente deciso le nomine dei procuratori sulla base di accordi sottobanco e scambi di piaceri. Non è il caso (come ha chiesto per esempio il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli) di trovare il modo per annullare tutte le nomine?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.