L'analisi
Il clan Davigo punta al ribaltone, dopo il Csm caccia all’Anm
La pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e delle comunicazioni tra magistrati ha riaperto il dibattito su vari aspetti patologici della giustizia in questo Paese. Il dato si inserisce in un momento di grave crisi delle stesse istituzioni e dei soggetti che agiscono in materia. Ad memoriam: questioni legate alla governance del Cnf; perdita di credibilità del Ministero della Giustizia e della struttura dirigenziale del Ministero; criticità gestionali dell’emergenza Covid-19 e questione penitenziaria; opacità degli atti del Consiglio Superiore della Magistratura; precarietà della dirigenza dell’Associazione nazionale magistrati. Difficilmente nella storia della Repubblica si è assistito ad una simile “tempesta perfetta”. Nel conseguente dibattito tra i protagonisti e i comprimari naturalmente rifluiscono molte considerazioni a vasto raggio, sicuramente pertinenti, in quanto connesse alle indicate criticità.
Sotto la lente di ingrandimento finiscono naturalmente – come da risalente elemento – il correntismo, accentuato nel caso di specie da una più accentuata gestione dall’esterno delle dinamiche del Csm sulle nomine negli incarichi direttivi e più in generale sulle pratiche sensibili, senza trascurare le procedure disciplinari; l’occupazione da parte dei magistrati delle posizioni rilevanti nei ministeri; il più generale fenomeno del fuori ruolo; il carrierismo dei magistrati dopo l’esaurimento delle attività consiliari; il ruolo esponenziale degli uffici di procura, oggetto di vere e proprie spartizioni, unitamente ai vertici delle funzioni giudiziarie, le lottizzazioni da manuale Cencelli delle varie posizioni interne ed esterne al Consiglio Superiore; il collateralismo con la politica e da ultimo anche con gli organi di informazione e i giornalisti.
Tornano naturalmente alla ribalta dalle varie parti interessate le proposte di riforma. Si tratta di un dato ciclico: un autentico replay di quanto detto e sentito in occasione della diffusione delle prime intercettazioni riguardanti la stessa vicenda. Riforma urgente del Csm e dell’ordinamento giudiziario; disciplina del fuori ruolo; collocazione fuori del Consiglio di un organo disciplinare; separazione delle carriere.
Si moltiplicheranno i dibattiti, le proposte di legge, le iniziative. Qualche altra “carriera” sarà arrivata a fine corsa. Su alcune si attiverà il silenziatore. Convergenze, divergenze, ricerca di soluzioni equilibrate, rinvii, si moltiplicheranno.
Gli ultimi episodi, tuttavia, si prestano anche a una lettura che seppur in una logica di potere, non possono essere ritenute estranee anche alla cultura della giurisdizione. La partita che si sta giocando riguarda gli equilibri di potere dentro la magistratura, già evidenziati nelle elezioni suppletive dei consiglieri del Consiglio Superiore, che hanno modificato gli equilibri e i rapporti di forza usciti dalle originarie elezioni dei consiglieri togati. A menti anche non troppo raffinate non può sfuggire il fatto che la diffusione delle ultime intercettazioni si collochi a cavallo del contrasto tra un procuratore antimafia e il ministro di Giustizia, alla successione del direttore del Dap, alla dimissione del capo di gabinetto del Ministero, alle decisioni del Consiglio sul fuori ruolo e sulla collocazione di un magistrato antimafia. Ne è scaturita la “crisi” dell’Associazione nazionale e la richiesta di una corrente di anticipare la verifica elettorale, fissata per l’autunno. Dimissioni dei vertici, congelamento della situazione.
La novità è data dal comportamento delle altre correnti, più o meno tutte coinvolte e la presa di distanza – espressa con estrema durezza – da quella che aveva chiesto la verifica elettorale. È naturale in tutte le logiche ispirate e governate dai rapporti di forza che si cerchi di approfittare delle debolezze altrui e che chi è in difficoltà debba guadagnare tempo, spostando l’attenzione sulla riforma del Consiglio (che difficilmente si vedrà per l’autunno). Non è difficile ipotizzare che l’onda emotiva determinata dallo spaccato che emerge dalle intercettazioni possa determinare orientamenti ispirati e ricalcati da istanze moraleggianti, spostando – come nelle elezioni suppletive – gli equilibri del parlamentino dei magistrati. Una delle giustificazioni “nobili” del correntismo viene ricondotta alla diversità culturale delle varie correnti in relazione al ruolo e alla funzione della giurisdizione nelle dinamiche sociali. In effetti è questo l’obiettivo mediato di quanto sta succedendo e succederà. Di questo bisogna essere da subito consapevoli e di questo – al di là della spartizione – sono consapevoli quelli che hanno congelato la situazione. Tuttavia, lungi dal riguardare solo i magistrati, l’approccio alle modalità con cui esercitare la giurisdizione riguarda gli avvocati – sicuramente – che ne sono consapevoli, ma anche i cittadini, che rischiano di guardare il dito e non la luna.
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