La notizia era nell’aria da giorni. Ieri, però, a darne l’ufficialità è stato il governatore Vincenzo De Luca in persona: la Campania è pronta ad acquistare lo Sputnik, il vaccino che tanti sospetti ha finora destato in buona parte dell’opinione pubblica europea. Il siero prodotto in Russia dovrebbe aggiungersi a quelli già opzionati dall’Unione europea non appena l’Ema e l’Aifa lo avranno definitivamente approvato. «Il nostro è un esperimento al servizio dell’Italia», ha aggiunto il presidente della Campania prima di annunciare che Palazzo Santa Lucia metterà a disposizione degli italiani le dosi di vaccino che dovessero avanzare al termine della campagna di immunizzazione dei residenti. Non solo: De Luca è sicuro del fatto che la Campania potrà presto contare su un «quantitativo consistente di vaccini».

Eppure, al momento, la Regione ha di fatto soltanto opzionato il siero prodotto in Russia: una strategia che finora non ha premiato l’Unione europea. A spiegarlo sul Corriere della Sera è stato Federico Fubini, secondo il quale le campagne vaccinali “ad andamento lento” cui si assiste nei vari Stati europei sono il frutto di una duplice scelta scellerata. Da una parte, quella di tirare sul prezzo dei vaccini spingendo le case farmaceutiche a produrre in quei Paesi dove il costo del lavoro è più basso e che sono in condizione di bloccare la produzione a proprio piacimento: è quello che ha fatto l’India, dove attualmente si producono 550 milioni di dosi di Novavax e altrettante di AstraZeneca, proibendo l’esportazione di vaccini in tutto il mondo. Dall’altra, la tendenza a opzionare le fiale senza indicare un quantitativo esatto da acquistare ha penalizzato l’Europa e favorito gli Stati pronti a investire forti somme di denaro per assicurarsi l’anti-Covid. Ecco, De Luca rischia di commettere lo stesso errore delle autorità europee. A meno che, ovviamente, non indichi il numero di vaccini che intende portare in Campania e metta sul tavolo tutti i milioni di euro che saranno necessari per portare a termine l’operazione.

Perciò l’entusiasmo, che il governatore ha manifestato durante la consueta diretta social di ieri pomeriggio, appare forse eccessivo. Anche alla luce delle più concrete iniziative che altri presidenti di Regione stanno adottando. Basti pensare al Veneto, dove Luca Zaia si appresta a lanciare il primo progetto sperimentale di accesso diretto al vaccino, dunque a chiamata e senza prenotazione: «Faremo un annuncio tramite i media e diremo: domenica prossima in tutta la provincia di Treviso, a 4mila e 700 persone nate nel 1936. Si presentino e noi li vacciniamo tutti, partendo dalle 8 del mattino. Allo scoccare di ogni ora, un mese di nascita. Gennaio alle 8, febbraio alle 9 e così via».

Così Zaia, che può disporre di 20mila vaccini in più rispetto a quelli consegnati alla Campania, punta a velocizzare la campagna di immunizzazione bypassando il sistema delle piattaforme regionali che ha già dimostrato la sua inefficienza. Insomma, la sensazione è che De Luca stia seguendo una strategia rischiosa, soprattutto se il suo approccio dovesse essere simile a quello sfoggiato dai vertici dell’Unione europea. Zaia, invece, sembra incamminato su una strada più concreta che, nei prossimi giorni, potrebbe portare il Veneto a mettere il turbo alla campagna vaccinale. Due modelli a confronto. La speranza è che vincano entrambi.