Domanda alla Meloni
Neonato morto di freddo: era un naufrago o un migrante?
A ucciderlo non è stata l’ipotermia, questa dicitura pudibonda per non dire che è morto di freddo. Il bambino che non ha raggiunto il mese di vita (era nato da venti giorni), ed è stato trovato ieri cadavere su un barcone approdato a Lampedusa, aveva problemi di respirazione: ed è possibile che l’esposizione prolungata al fiato umido del mare di novembre abbia lavorato in modo irreparabile su quella fragilità. Ma, a ben guardare, quello è stato solo il motivo tecnico della morte del neonato, perché a togliergli per sempre il respiro è stata piuttosto una doppia causa di tutt’altra natura, la cospirazione di due elementi di condanna molto più efficaci e autonomamente micidiali: e cioè che era povero e nero.
Non che se l’avessero generato due benestanti con la pelle chiara avrebbe sopportato meglio il viaggio in quell’intemperie. Semplicemente, il figlio di questi altri due non avrebbe dovuto fare quel viaggio, e sono state quelle due condizioni a farglielo tentare, la povertà e il bruno della cute che contrassegnano e uniscono questa gente spingendola in mare. Si può pensare quel che si vuole sull’immigrazione, sui modi di gestirla, sugli espedienti per far finta di contenerne il flusso: ma checché se ne pensi resta la realtà inconfutabile che a esserne prigionieri e a morirne sono esseri umani in miseria e neri. Si pensi bene a questo, quando una barca carica di questa gente tenta di accostarsi a noi: diciamo spesso che si tratta di salvare degli esseri umani, e che tutto il resto viene dopo.
Giusto, ma il presupposto di questa predisposizione – peraltro non troppo diffusa – è impreciso: perché è un essere umano da salvare anche il turista che si perde in montagna, mentre qui si tratta di salvare individui la cui vita è messa a rischio da quest’altro tipo di condanna, essere poveri ed essere neri. Il fatto che quel neomorto di venti giorni dovesse, nelle speranze dei genitori, trovare cure mediche adeguate da qualche parte in Europa rende anche più inaccettabile la sua sorte. Perché significa che una fatica respiratoria, una cosa altrove e per altri ordinariamente risolvibile, può diventare un aggravio micidiale se affligge un’esistenza già vulnerata da quelle diverse comminazioni, l‘indigenza e la razza di chi fu schiavo. Le cose che veramente lo hanno ucciso.
© Riproduzione riservata