Il dibattito in vista delle prossime comunali sta assumendo, soprattutto all’interno del centrosinistra, i connotati di uno scontro generazionale: da una parte Antonio Bassolino, classe 1947, già sindaco di Napoli e governatore della Campania, riferimento di una classe politica non giovanissima ma evidentemente non ancora passata di moda; dall’altra Marco Sarracino, 32enne segretario partenopeo del Partito democratico, punto di riferimento della nuova generazione dem.

La questione si è posta dopo l’annuncio della candidatura di Bassolino a sindaco e l’intervista con cui Sarracino ha successivamente rimproverato all’ex governatore di circondarsi di cattivi consiglieri: parole che hanno provocato la levata di scudi dell’entourage di don Antonio che ha replicato parlando di scostumatezza. Il dibattito è proseguito sulle pagine di Repubblica dove Sarracino ha parlato di “modello Anchise”, cioè di un’impostazione in cui sono i figli, sull’esempio dell’eroe Enea, a caricarsi sulle spalle i padri e a trascinarli lontano da Troia in fiamme. Insomma, Sarracino rifiuta l’idea di giovani disimpegnati e si propone di «organizzare sogni e ambizioni» di quanti sono pronti a ricostruire Napoli.

Una simile discussione, però, sembra mal posta. O, almeno, rischia di non aiutare i “troiani superstiti” a ricostruire la città. Il dibattito sulla contrapposizione tra la politica “vecchia” e quella “giovane”, a Napoli, sembra piuttosto fumoso: tante parole, ma nessuna indicazione concreta. Sono mesi che il Pd cerca di ritagliarsi un ruolo da protagonista nella vita cittadina, soprattutto in vista delle comunali. Discute di alleanze da un anno, cioè da quando il patto con il movimento del sindaco Luigi de Magistris ha portato alla candidatura di Sandro Ruotolo alle suppletive nel collegio del Vomero. Poi si è dedicato alle conferenze programmatiche e all’ampliamento del “campo progressista”, cioè al patto col Movimento 5 Stelle ritenuto indispensabile per tenere i sovranisti lontano da Palazzo San Giacomo. Ora arriva addirittura a proporre patti generazionali. Nemmeno una parola, però, sui temi concreti.

Il primo: chi sarà il candidato sindaco del Pd alle prossime comunali di Napoli? Un giovane, nonostante il flop dell’allora 39enne Valeria Valente alle comunali del 2016? Quale nuova classe dirigente offrono i dem alla città devastata da dieci anni di amministrazione de Magistris? Quali rimedi propongono Sarracino & co. ai problemi e alle carenze che, come Alessandro Zampella ha ricordato ieri su Repubblica, spingono sempre più ragazzi a fuggire da Napoli e dall’impegno politico? I dem sanno che Palazzo San Giacomo, pur avendo un disavanzo di circa due miliardi e 700 milioni di euro, spende solo 40 centesimi pro capite per le politiche giovanili ed è in fondo alla classifica delle grandi città italiane che investono di più in sport, tempo libero e sostegno all’occupazione dei ragazzi?

Sarebbe il caso che il Pd cittadino prendesse posizione in merito e la smettesse di sbandierare il tema dei giovani solo a scopo propagandistico, cioè per intercettare il voto dei delusi dalla politica, o demolitorio, cioè per affossare candidature “non nuovissime” ma senz’altro autorevoli come quella di Bassolino che da molti è percepito come una sorta di “usato sicuro”. Di questo passo il Pd napoletano finirà per rappresentare il “nuovo che non avanza”. E questo non solo ai giovani, ma a tutta Napoli, non serve affatto.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.