“Purtroppo in Italia siamo ancora abituati a dover dare troppe spiegazioni alla gente”. È Questo che Rebecca De Pasquale, 43 anni, si è sentita dire dalla giudice che aveva appena dato il via libera al cambio nome sui suoi documenti. È nata uomo con il nome di Sabato, è stato un monaco e anche Don Mauro ma dentro di se ha sempre saputo di essere Rebecca. Con coraggio e a testa alta ha affrontato tutte le difficoltà di chi affronta un simile drastico cambiamento e ha coronato il suo sogno di essere donna, nel corpo e anche sui documenti. Un percorso non semplice ma che ci tiene a raccontare per lanciare un messaggio ben preciso: “Non arrendetevi mai, non siete soli”. E lei sola non è stata: ha incontrato sulla sua strada Loredana Rossi, storica fondatrice dell’ATN, Associazione Trans Napoli che l’ha accompagnata e supportata nelle fasi più delicate della sua transizione, e anche in quella legale.

La storia di Rebecca

“Posso dire che la mia vita è strutturata in tre situazioni: c’è la forza del corpo da uomo, Sabatino. Poi c’è la pazienza, la sopportazione e la voglia di vivere e della Provvidenza di Don Mauro. E c’è la dolcezza della donna accogliente che fa parte della femminilità, Rebecca”. E probabilmente tutto questo è la grande forza di Rebecca. È nata in una famiglia numerosa di sei figli nel 1979 a Eboli. “Mi hanno chiamata Sabato come mio nonno – racconta Rebecca – Ho vissuto la mia infanzia in modo spensierato ma alle medie iniziava a formarsi dentro di me la delicatezza della bambina. Ho sempre coltivato la fede e, da giovanissimo, mi tuffai nelle letture sacre. Decisi di fare un’esperienza in un convento di frati. I miei genitori non erano d’accordo ma mi lasciarono fare”.

Così il 23 giugno 1997 entrò nel convento dei Frati Cappuccini a Eboli. Il 4 marzo dell’anno seguente conobbe i Benedettini di Cava De’ Tirreni. “Appena entrai, le luci soffuse, il canto gregoriano e l’atmosfera, riempirono letteralmente la mia anima. Ero felice. Ho fatto il noviziato a Montecassino: lì ho potuto studiare tanto e fare mio un bagaglio di informazioni che ancora oggi mi porto dentro. Mi diedero il nome di Don Mauro. Ma dentro di me iniziavano a muoversi dei ‘fumetti’ che ricordavano il Sabatino mondano, quello dei primi baci coni ragazzi. Era una tentazione diabolica per Don Mauro? No, era la mia natura vera e propria che veniva fuori. Io iniziavo a soffrire. Mi chiedevo: come posso restare qui? Mi uscì anche la voce più potente da tenore”.

Come se quella consapevolezza fosse finalmente venuta fuori, sotto forma di una voce diversa e una gioia nel cuore incontenibile. Scappò dal convento e riuscì ad entrare nel Conservatorio di Salerno: la sua voce era l’espressione della sua grandissima gioia di vivere. “Mi conoscevano ancora tutti come Don Mauro ma io volevo essere libera perché il Padreterno non si può prendere in giro”. E così prese il coraggio a quattro mani e disse ai suoi genitori di essere gay. “Mia mamma rispose che lo sapeva già – continua il racconto – Mio padre rimase pietrificato. Ma era giusto così: una notizia simile non è sempre semplice da accettare per un genitore. Ci vuole pazienza e sopportazione anche da parte di noi figli, non possiamo pretendere tutto e subito dai nostri genitori. Bisogna dialogare e camminare insieme. Però tutto il resto della mia numerosa famiglia comprese. Sono stata molto supportata dalla mia famiglia, penso anche grazie al mio carattere”.

La transizione e il cambio nome sui documenti

Voleva essere donna in tutto e per tutto. Lo disse a sua madre che le rispose: “Sarai ancora più femmina forte quando avrai il coraggio di affrontare tuo padre”. Capì in quel momento che non avrebbe mai dovuto chiudersi in se stessa perché sennò sarebbe rimasta soffocata. Così affrontò il padre che non la prese bene e disse che a casa non la voleva più. “Ci pensò Dio a sistemare tutto: fui chiamata al Grande Fratello, dopo 3 mesi ho conosciuto il mio compagno di vita,…questa non è una Grazia ricevuta?”. Le porte si sono spalancate ancora di più quando ha conosciuto Loredana Rossi, storica attivista napoletana per i diritti delle persone trans e fondatrice dell’Associazione Trans Napoli. “Grazie a lei ho potuto avere la rettifica del nome sui documenti e coronare il sogno a livello estetico – racconta Rebecca – Erano cose in cui non speravo perché pensavo fossero troppo costose e che non potessi permettermelo. Invece Loredana mi disse che era un mio diritto e che potevo farlo gratuitamente. Non mi ha mai lasciata sola e questo mi ha cambiato la vita: ora sono come volevo essere”. Rebecca ha partecipato all’edizione del Grande Fratello 14. “Quando gli autori mi chiesero quale valore aggiunto io portassi nella casa, risposi loro: la quotidianità, l’essere casalinga e una transessualità al bacio, ossia naturale, senza troppi fronzoli, né barocca né roccocò, così splendida nella sua quotidianità”.

Il supporto dell’Associazione Trans Napoli e di Loredana Rossi

Loredana Rossi racconta che l’associazione Atn è nata nel 2007 con 40 persone che capirono che anche loro erano persone e come tali avevano diritti come tutti i cittadini italiani. “La transessualità in quegli anni non era accettata e quindi venivi esclusa ed emarginata da tutti prevalentemente dalle istituzioni – racconta la storica attivista – Dal 2007 abbiamo fondato l’associazione Atn proprio per difendere i diritti e la dignità umana delle persone transessuali. A Via Palmieri abbiamo uno sportello dove accogliamo le persone trans per il cambio del nome e supportarle nell’affrontare le numerose difficoltà che una persona trans incontra nel suo percorso”.

Loredana spiega che molte persone non sanno che l’intervento di chirurgia al seno può essere svolto gratuitamente grazie all’Asl, che il nome si può cambiare all’anagrafe anche gratuitamente con il patrocinio. “Noi cerchiamo di fare informazione per far capire a molte persone che non hanno la possibilità di farlo che possono avere tutto questo perché è un loro diritto”. Loredana con orgoglio ci mostra la medaglia che le ha conferito il Comune di Napoli alle 20 donne che maggiormente si erano distinte durante la pandemia per aiutare il prossimo. “Per me è stato particolarmente bello perché in mezzo a queste donne c’era anche la donna Loredana Rossi. Finalmente sto avendo i miei riscatti della vita così martoriata nel passato. Mi hanno fatto sentire umana”.

Secondo la grande esperienza di Loredana, in Italia la strada da fare per il riconoscimento dei diritti è ancora molto lunga. “Pensate alla Spagna: lì a 14 anni puoi andare con i genitori e dire chi sei, a 16 fare il cambio nome sui documenti senza dover aspettare un anno di processo come in Italia. L’affermazione lì è fine a se stessa, non è un lungo percorso doloroso. Spero che finalmente la gente capisca che ci sono persone che soffrono solo per il loro orientamento sessuale e per il loro genere e questa non è civiltà, non è più umanità”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.