Le nostre città sono lo scrigno della memoria, racconti interminabili, poesie meravigliose che tracciano la nostra storia in un condensato di stratificazioni unico al mondo. Gli edifici, le nostre case continuamente si trasformavano ed accoglievano la diversa funzione, la nuova destinazione, sempre partecipi della vita urbana. Da un certo momento in poi, credo dagli anni Cinquanta e fino a qualche tempo fa, siamo stati attratti da una falsa idea di moderno, dalle case in calcestruzzo armato. Abbiamo cominciato ad abbandonare i vecchi edifici in muratura, privati e pubblici, e oggi li ritroviamo decadenti, in pessimo stato di conservazione: edifici meravigliosi, eppure inutilizzati. Un patrimonio immenso di ricchezza, non solo economica, con il quale tutte le città devono fare i conti.

Non si tratta di mera conservazione, ma di riutilizzare, nella vita urbana, edifici antichi, per costruire la nuova città, con la consapevolezza che la buona città è fatta per la vita felice e sicura dei suoi cittadini e non solo per i turisti. Urge un grande lavoro di catalogazione degli edifici abbandonati, inutilizzati, che investa soprattutto il patrimonio pubblico, in uno con un disegno strategico di recupero e riutilizzo dello stesso: non si tratta solo di restaurare, ma di inserire nel tessuto vivo della città edifici e scorci urbani altrimenti destinati alla demolizione. Non un incentivo tipo piano-casa: abbatti il volume e ti regaliamo una cubatura maggiore.

La città non si costruisce con superfici e volumi, ma con maestria e amore per il fare. Serve, dunque, una mappa che tenga conto anche del verde e dei parchi urbani, spesso abbandonati e bisognosi di manutenzione. In questo bellissimo lavoro di catalogazione e strategia di recupero, l’Ordine degli Architetti di Napoli mette al servizio della comunità, la competenza e la capacità dei suoi iscritti, sicuri di partecipare alla costruzione della buona città. Occorre cambiare registro: il recupero è azione storica, economica, funzionale. Il restauro non è solo un problema tecnico-scientifico: occorre intelligenza creativa. Il restauro è un grande tema di architettura, oltre che opera di un architetto.

Costruire il costruito, ecco il nuovo impegno dell’architettura contemporanea: un diverso edificio, un edificio che non sarà mai più quello che è stato e mai più quello che poteva essere, un nuovo edificio, antico/contemporaneo, l’edificio della nuova città. Bisogna quindi costruire le condizioni politico-culturali alla base di una simile strategia: rimettere al centro la capacità di riparare, la maestria del fare con passione per costruire, nel dopo-Covid, una città meno fragile e più attenta alla felicità dei suoi cittadini. È inutile tentare di dare oggi delle funzioni al patrimonio immobiliare pubblico: gli antichi edifici sono “stranamente” molto flessibili e adatti a qualsiasi utilizzo intelligente.