Salvini irritato punta il dito sugli “svaghi” del Presidente della Repubblica. Il cda Rai è offeso perché non era stato informato della presenza del Capo dello Stato. Ovviamente si guarda bene dal ringraziare per quella pagina di arte alta e popolare insieme che è stato il monologo di Roberto Benigni sulla Costituzione impreziosito da camei come “signor Presidente, visto suo padre Bernardo è stato un padre costituente, si può dire che la Carta sia un po’ sua sorella”. Emozionata la voce del Maestro ed emozionati gli occhi del Capo dello Stato raramente così “fermati” da una telecamera. La premier non si pronuncia, per fortuna. “Chi tace acconsente” attaccano le opposizioni.

Temere ciò che non si controlla e non si pianifica è indizio di insicurezza e scarsa tolleranza. Entrambe sono nemiche della democrazia. Così il re della serata, il direttore artistico e conduttore Amadeus, ha potuto liquidare entrambi, Salvini e il Cda Rai, con argomenti perentori. Salvini è “quattro anni che ci critica, gli consiglio di non guardarci più, stasera e nelle prossime serate”. Il Cda Rai “dovrebbe piuttosto ringraziare che l’azienda che amministrano ha sfiorato il 65% di share, record assoluto”. Più cercano di mettere il bavaglio a Sanremo e più il palco dell’Ariston e sue controllate – gli altri palchi e momenti musicali in giro per la città – parlano e fanno discutere. Ogni anno la storia si ripete e incrocia la politica. Questa volta sfiora l’incidente istituzionale.

Non aspettava altro ieri mattina Matteo Salvini, i sondaggi non vanno bene, Giorgia Meloni dilaga in tutti i sensi e lui sente la sua leadership vacillare. La performance di Roberto Benigni che duetta sull’unicità della nostra carta costituzionale scambiandosi sorrisi e occhiate con Sergio Mattarella lo ha fatto andare in bestia. E tra radio e social in dieci minuti ieri mattina ha seminato il panico. La prima bordata arriva ai microfoni di Rtl 102,5. Non gli dispiace che a Sanremo “non ci sia Zelensky, portare la guerra al Festival mi sembra fuori luogo”. Il presidente ucraino ieri era Londra, ieri sera a Parigi dove ha visto Macron e Scholz e stamani al Parlamento europeo. Doveva essere ospite a Sanremo in questi giorni ma alla fine gli è stato detto no per questioni di opportunità. Non c’è rimasto bene. Così l’incontro con Giorgia Meloni è relegato ad un bilaterale stamani a Bruxelles in occasione del vertice europeo.

Liquidato Zelensky, compiacendo così quell’elettorato che ritiene inutile e dannoso il posizionamento atlantico dell’Italia, Salvini se l’è presa con Mattarella. “Se ha scelto di andarci, ha diritto di svagarsi come crede. Non faccio polemica. È un momento abbastanza complicato per far la polemica sul festival”. E su quel capolavoro artistico che è stato il monologo di Benigni: “Non penso che la Costituzione debba essere difesa sul palco da Benigni”. Guardando alle prossime serate che saranno co-condotte anche dalla pallavolista Paola Egonu, il vicepremier leghista si è portato avanti: “È una grande sportiva e spero non venga al Festival di Sanremo a fare una tirata sull’Italia paese razzista. Mi auguro che gli italiani, che hanno già tanti problemi, non si sentano colpevolizzati da chi usa la Tv pubblica per fare la morale a qualcuno”.

Non c’è dubbio che la presenza di Mattarella a Sanremo sia stata una scelta politica. Il messaggio è chiaro. I destinatari anche: chi sta preparando riforme costituzionali che puntano all’elezione diretta del Capo dello Stato e alla divisione del Paese – rischio altissimo con il ddl sull’Autonomia differenziata appena approvata dal cdm – sappia che non avrà vita facile. E se di questo si vuole discutere, lo si faccia almeno unitariamente. “Erano più di 500 i padri costituenti – ha ricordato Benigni che in venti minuti ha fatto piazza pulita di mille dibattiti tra costituzionalisti – tutti di partiti diversi, eppure hanno impiegato poco tempo nello scrivere la nostra Costituzione così chiara, efficace, cristallina”. Di poche e semplici parole. Chi sogna spallate presidenzialiste (Meloni) e/o federaliste (Salvini), non avrà vita facile.

Messaggio ricevuto. E non gradito vista la reazione scomposta del leader leghista che spera ancora nella bandierina dell’Autonomia per tirare su un po’ di consensi. Il festival della canzone popolare è così diventato un cazzotto nello stomaco per populisti e sovranisti. Colpiti dai loro mezzi preferiti: tv e social. Se sono stati tredici milioni gli italiani incollati davanti alla tv, il selfie scattato dalla regina dell’autoscatto Chiara Ferragni a se medesima, al capo dello Stato e alla figlia Laura, Gianni Morandi e Amadeus tutti inquadrati e sorridenti con la luce giusta è stata una delle immagini più virali della serata con oltre 700 mila like. In più vanno contate anche i sette milioni di visualizzazioni sulla pagina Ferragni e altri canali social.

Sono numeri impressionanti per un messaggio politico veicolato, tra l’altro, ad un pubblico si presume soprattutto giovane. Non è chiaro che razza di operazione mediatica avessero in testa Lucio Presta, manager di Amadeus e anche Benigni, e Giovanni Grasso, consigliere per la comunicazione di Mattarella. Festeggiare i 75 anni della Carta? Riconoscere al festival pop lo stesso lignaggio della Scala? Si sa solo che ci lavorano da mesi, almeno da ottobre e la consegna per tutti era quella del silenzio. Per vari motivi. Molti facilmente immaginabili. Hanno fatto strike. Operazione riuscita.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.