L'intervento
Salvini non serve alla Campania

Segnali di tempesta continuano a creare pesanti turbative nel centrodestra meridionale. Soprattutto in Campania. E portano la firma di Matteo Salvini. Per otto lunghissimi mesi il leader leghista ha voluto, inspiegabilmente, ingaggiare un logorante braccio di ferro con Silvio Berlusconi e con Giorgia Meloni. Non gli andavano bene Fitto e Caldoro. Ne chiedeva la testa, ma non offriva alternative convincenti. Né avanzava nomi “nuovi”. In particolare concentrava il suo bombardamento quotidiano sulla testa del garbato Caldoro. Salvini ha provato a sfiancarlo in tanti modi ma il buon Stefano si è sposato con Giobbe. E alla fine il Cavaliere non l’ha mollato e in zona Cesarini l’ha protetto e salvato anche evitandogli di finire sui campi minati scientificamente predisposti dalla vicepresidente della Camera Mara Carfagna. Ma nel frattempo Vincenzo De Luca non è rimasto con le mani ferme.
Al contrario, il governatore uscente ha trasformato il Covid-19 in un vero toccasana. E adesso è il superfavorito. Un attimo dopo aver dato semaforo verde per Fitto e Caldoro, Salvini ha però messo in campo una nuova offensiva destinata a indebolire ulteriormente la già difficile ma assolutamente possibile rimonta di Stefano Caldoro. Un errore da matita blu. Adesso Salvini ha promosso la campagna delle cosiddette liste pulite al Sud. Soprattutto in Campania. Vede ovunque facce sospette e pericolose. E le vede nelle case dei suoi alleati. La sua opera di bonifica e di vigilanza si concentra, appunto, in Campania, in quella straordinaria e bellissima terra, un tempo formidabile roccaforte di Silvio Berlusconi. Salvini ha deciso di cavalcare i temi tanto cari ad Alessandro Di Battista.
E sta offrendo un’immagine giustizialista e giacobina che nessuno si aspettava. Un vero peccato. Addirittura, in alcuni momenti, Salvini sembra rubare il mestiere a Piercamillo Davigo. Confonde il ruolo del politico con quello dell’inquisitore. Proprio lui, che nel corso del tempo più volte ha dovuto difendersi da gravi attacchi della magistratura politicizzata, ora sembra affetto da una grave forma di amnesia. Farebbe bene a leggere con attenzione quel che ha dichiarato Palamara rispetto alle tante vicende che hanno riguardato Berlusconi. Credo che Salvini abbia bisogno, e lo dico con simpatia e rispetto, di una forte rilettura del concetto di garantismo. Che non significa certo indulgenza verso coloro che praticano attività delinquenziali. Certo è che mai andrebbe dimenticato che un avviso di garanzia non è una condanna.
La storia patria di questi anni ce lo insegna. Quanti di questi, per quanto doverosi, si sono poi rivelati un errore? Quanti politici e amministratori sono stati letteralmente massacrati da improvvide e roboanti inchieste sgonfiatesi poi quando era troppo tardi? Potrei citare quello recapitato a mezzo stampa nel ’94 all’allora presidente Berlusconi impegnato in un delicatissimo G7 ma è storia nota. Il garantismo, a dispetto di un possibile ritorno al Medioevo, si è dimostrato nel corso del tempo l’unico vero antidoto alla malagiustizia. E non è un caso che questo principio, purtroppo poco esercitato e rispettato dalle sinistre e dai grillini, sia debitamente protetto dalla nostra Costituzione. Ricordo sommessamente a questo punto, al capo della Lega, che furono proprio i governi guidati dal presidente Berlusconi a rafforzare, forse anche esagerando in termini di civiltà giuridica, le dure applicazioni del 41-bis.
Ricordo altresì che nel 1993, in piena stagione stragi, fu il centrosinistra a porre in essere una pesante politica di cedimento verso la mafia revocando a centinaia e centinaia di mafiosi l’applicazione del 41 bis. Spero sinceramente che Matteo Salvini possa presto tornare sui suoi passi. Resterei profondamente deluso se dovesse seguire le orme del peggior Gianfranco Fini che per lungo tempo andò a braccetto con i Davigo in miniatura pensando di ricavarne qualche buon vantaggio. Mi viene in mente un motto di un grande maestro di vita e di politica: «Sono sempre coloro che appaiono come straordinari intransigenti quelli che alla fine operano profonde e proficue transigenze». Il fatto, vorrei anche ricordarlo, è anche che con queste spasmodiche e smodate operazioni “liste pulite” si rischia spesso solo e soltanto di alimentare quel clima di ipocrisia che finisce giocoforza per compromettere la già fortemente minata credibilità della politica e delle Istituzioni. Di tutto ciò l’Italia non ha sicuramente bisogno.
Per ripartire veramente il nostro Paese ha bisogno di altro. L’Italia del futuro ha bisogno del primo Salvini. Di quel Salvini che abbiamo apprezzato da ministro dell’Interno. E non certo di un Salvini che si lasci suggestionare e ammaliare dal peggior grillismo. Certo, nel centrodestra figlio di questo tempo, manca un Tatarella. Ma sarebbe veramente grave non ricercare e ritrovare un clima di rispetto e di civile convivenza. Un clima di unità vera. Non formale. Ma assolutamente sostanziale. Caro Salvini, non bisogna mai parlare per verità rivelata. Bisogna sempre tentare di comprendere le ragioni degli altri. Da soli al governo è difficile tornare. Non bisogna avvertire come un disagio il fiato sul collo della lanciatissima Giorgia Meloni. E non bisogna dispiacersi se il vecchio Cavalier Berlusconi è ancora in campo. E da cavallo non vuol smontare. Con loro, e solo con loro, al governo si può tornare.
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