Marco Cappato, presidente di Eumans e autentico nonviolento, dice sì alla proposta lanciata sul Riformista da Luca Casarini di una marcia della pace a Kiev, una “no-fly zone dal basso”.

Cappato, è pronto a mettersi in marcia verso Kiev per fermare le bombe di Putin?
Sì. La condizione perché un’azione del genere non sia dissennata e imprudente, perché in quel caso non sarebbe neppure nonviolenta, è che ci sia una attenzione e quindi un livello e una trasversalità di partecipazione anche internazionale in grado di autoimporsi sulle armi militari in conflitto. Altrimenti diventa un gioco al massacro. Ho chiamato Casarini per dare la mia disponibilità anche a creare le condizioni perché sia praticabile

Intanto a Kiev sono andati tre leader europei: i presidenti di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia
È la dimostrazione di cosa rende realizzabile un’idea come quella di Casarini. I tre premier si sono assunti un determinato livello di rischio personale, contando sulla propria autorevolezza istituzionale. Noi dovremmo poter contare sulla nostra autorevolezza davanti all’opinione pubblica.

Il dibattito sulla guerra in Ucraina in Italia è aspro e fortemente polarizzato, i pacifisti sono accusati di essere filo-Putin, gli interventisti di essere dei guerrafondai. Lei come avrebbe votato sull’invio di armi italiane?
Sicuramente a favore. Penso che di fronte a una guerra di aggressione la difesa dell’aggredito sia la condizione per conquistare la pace, a meno che non vogliamo chiamare “pace” quella che è la pace della resa o dello sterminio. Però la forza dell’idea di un’azione nonviolenta come quella proposta da Casarini è che può mettere insieme sia chi è a favore di un aiuto anche militare sia chi non lo è, perché ciò che unisce è proprio l’urgenza del far tacere le armi. È sulle azioni che si crea l’unità pure tra chi parte da posizioni ideali anche molto diverse. Se si rimane spettatori, più la guerra va avanti e più gli spalti delle tifoserie sono destinati ad allontanarsi. Io difendo le ragioni dell’aiuto anche militare, ovviamente con tutta la prudenza necessaria perché i rischi di una escalation sono molto concreti, ma penso che debba anche essere immediatamente bloccata la fornitura di gas e petrolio, altrimenti rischiamo di finanziare la distruzione di Kiev e delle città ucraine.

Lei è stato a lungo europarlamentare, come valuta le mosse dell’Unione europea di fronte alla crisi ucraina?
Con tutti i limiti dell’Ue, che ovviamente non sono stati risolti in dieci giorni, va detto che poteva andare peggio. Il problema è la durata e la tenuta di questa risposta. Per costruire una pace sostenibile è necessario accompagnare alla reazione immediata delle prospettive di più lungo periodo. Respingere, di fatto, l’ipotesi di adesione dell’Ucraina all’Ue è un errore perché non dà sufficiente prospettiva all’aiuto europeo. Penso che l’Ue oggi dovrebbe affermare con chiarezza che le conseguenze del blocco delle forniture di gas e petrolio vanno affrontate a livello europeo. Non può esservi un paese che ci guadagna e uno che ci perde, serve un’azione collettiva dell’Europa, altrimenti l’unità europea si disintegra sugli interessi economici e geostrategici. Tornando alla proposta di Casarini, il coinvolgimento dei cittadini è indispensabile, perché se rimane una questione tra governi, la forza di attrazione degli interessi nazionali, soprattutto quando l’emergenza si affievolisce, diventa disgregante. L’idea della marcia nonviolenta a Kiev è importante anche perché toglie alle burocrazie degli stati nazionali il monopolio della risposta politica

Lei è appena tornato da Varsavia dove avete tenuto il congresso fondativo di Eumans. Di cosa si tratta?
I governi, non solo sovranisti ma anche quelli europeisti, quando è in gioco l’interesse nazionale non hanno la possibilità di sottrarsi alle logiche del consenso immediato. Eumans è il tentativo di costruire una politica civica, di movimento e con degli obiettivi, realizzata non attraverso la ricerca del consenso elettorale, ma attraverso gli strumenti della partecipazione civica.