Dario Nardella, sindaco di Firenze al secondo mandato, è in prima fila per l’Ucraina. Sabato scorso ha portato in piazza Santa Croce decine di migliaia di persone da tutta Italia per l’iniziativa “Cities stand with Ukraine”. Nardella è presidente di Eurocities, l’organizzazione che racchiude oltre 200 città europee. È in collegamento continuo con Kiev e con Milano, Stoccolma, Zagabria, Vienna, Parigi, Madrid, Atene, Helsinki. In questa intervista si dice pronto a partecipare a un corteo a Kiev, come ha proposto nei giorni scorsi Il Riformista con un articolo di Luca Casarini.

È diventato il ministro degli Esteri dei sindaci europei.
Faccio quello che posso per dare un contributo. Sono contento che quella di Firenze sia stata anche la piazza in cui si sono ritrovate anime diverse intorno a un messaggio unico. È importante superare certe divisioni che fanno male a tutti.

Siamo tutti per la pace. Per la resa o per la resistenza?
La resa secondo me non porta da nessuna parte. La resistenza è un diritto di qualunque paese democratico e sovrano. È successo anche all’Italia nei confronti del nazifascismo: Firenze è medaglia d’oro per aver riconquistato la libertà l’11 agosto 1944 contro gli occupanti nazifascisti. Però non si può parlare di soluzioni bianche e nere.

Lo dice dalla città dei Guelfi e dei Ghibellini.
Ecco, appunto, ho titolo per parlarne. In questa vicenda delicatissima se ragioniamo da Guelfi contro Ghibellini, ne usciamo tutti sconfitti.

E quindi?
L’Europa deve avere una scala di priorità. E la diplomazia deve avere la priorità sulle armi, sempre. Lo dico perché mi sembra che l’Europa sia troppo frammentata, con troppe iniziative personali.

Si va avanti in ordine sparso?
Sì, la diplomazia funziona se viene messa a sistema, non se va avanti in ordine sparso. Macron e Scholz che vanno in Cina, i premier cechi, polacchi e sloveni che vanno in Ucraina… mi lascia perplesso l’iniziativa episodica, destrutturata.

Alla quale lei contrappone il tentativo di organizzare una iniziativa diplomatica dal basso, diffusa, più legata ai territori?
È così. Con Eurocities le città hanno sottoscritto l’appello con il quale sono scesi in piazza, insieme con noi a Firenze, centinaia di migliaia di persone in tutta Europa. Le città non sono sottoposte alla ragion di Stato, ma hanno dimostrato che l’Europa può essere unita e mettere in campo una strategia comune. I capi di Stato inizino a darsi una mossa, e a fare cose ordinate e tutti insieme.

C’è un modello partecipativo dal basso, che funziona laddove le diplomazie ufficiali sono bloccate.
Sono in costante contatto con il sindaco di Kiev, Blicko. Ero al telefono con lui, attaccando quando mi ha chiamato lei. L’idea è quella di studiare una iniziativa congiunta, di solidarietà ma anche squisitamente politica, da fare insieme tra tutti i sindaci delle grandi città d’Europa.

Va ricordato che Kiev è gemellata con Firenze dal 1967.
Si, ed è un gemellaggio attivo, che adesso sentiamo doppiamente e stiamo perciò rafforzando.

Se si dovessero perfezionare le condizioni di sicurezza, lei andrebbe a manifestare a Kiev?
Sì, io lo farei. Per evitare che sia una iniziativa sporadica, velleitaria ed esibizionista va preparata bene. È necessario che vi sia un coordinamento tra tutti i sindaci delle grandi città europee. Per capirci: no a iniziative alla Salvini, che rischiano solo di complicare le cose. Se c’è un corridoio che ci consente di muoverci con un minimo di sicurezza, se fosse una cosa seria e non improvvisata, io certamente ci sarei.

Il Riformista, con un articolo di Luca Casarini, ha proposto di organizzare un corteo a Kiev. Allora la candidiamo a guidare il corteo?
Io ci starei. In una cornice come quella che stiamo tratteggiando, sono pronto a partire. E penso che non sia affatto una provocazione. Va dato un segnale di vicinanza tra i popoli, tra i territori. E dato che la rete dell’accoglienza e della solidarietà ricade sui sindaci, è giusto che siano i sindaci, ognuno con la propria fascia, a guidare una grande marcia per la pace a Kiev, come propone Il Riformista.

Ne parlerà al sindaco di Kiev, Blicko?
Sì, abbiamo fissato una nuova videocall nei prossimi giorni proprio per mettere a punto le iniziative urgenti da intraprendere. Una grande marcia per la pace potrebbe essere tra queste.

E per parlare di accoglienza, immagino. Dei rifugiati dall’Ucraina nel concreto si occupano i sindaci.
Infatti. I Sindaci stanno mettendo a disposizione tutte le strutture delle città per l’accoglienza. Poi ci sarà l’inserimento dei profughi nelle comunità, la logistica, i servizi, l’inserimento negli asili per i più piccoli. Tutti compiti che ci vedono mobilitati in prima persona. Oggi nell’hub di accoglienza sono arrivati 80 profughi; molti di più arrivano nelle nostre città andando a stare presso conoscenti ucraini già stabiliti qui da anni.

 

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.