I metalmeccanici della Lombardia, tranne quelli impegnati in produzioni collegate al settore sanitario e ospedaliero, scioperano oggi 25 marzo. Il Governo, tradendo le attese, ha allargato l’elenco delle attività indispensabili a settori che di necessario e di essenziale hanno poco o nulla. Inoltre, previa comunicazione al Prefetto, il decreto consente il prosieguo di quelle produzioni collegate, direttamente o indirettamente, alle attività salvaguardate. Stirare in questo modo il concetto di filiera sta legittimando tantissime aziende a restare aperte, annacquando così il concetto di “produzioni essenziali” che invece per noi, come chiediamo con lo sciopero, deve ricomprendere solo quelle strettamente necessarie e indispensabili per il funzionamento del Paese, chiudendo le altre come chiesto da Cgil, Cisl e Uil della Lombardia il 10 marzo scorso.

Sappiamo benissimo cosa significhi fermare questa regione che, nel 2018, raccoglieva il 18,6% del manifatturiero nazionale, il 21,4% degli addetti totali, il 27,3% dei 465,3 miliardi di euro di export nazionale e un quinto del pil nazionale. Nello stesso anno il settore metalmeccanico lombardo contava circa 500.000 addetti e 68 miliardi di euro di export. A partire dalla Lombardia, che vede i contagi in continuo aumento, così come il numero dei ricoveri e, purtroppo, il conto delle vittime, è arrivato il momento del coraggio e delle scelte che mettano, davvero, la vita e la salute delle persone al centro.

Insieme ai nostri delegati, colonne di solidarietà, ci siamo attivati in tutte le fabbriche metalmeccaniche della regione per ottenere la sospensione delle produzioni o un loro significativo rallentamento, nel rispetto del protocollo sottoscritto tra Sindacati Confederali e Parti Datoriali, con la regia del Governo. Fermare le produzioni significa ridurre al minimo le occasioni di contatto tra le persone e, quindi, le possibilità di contagio. Chiudere tutto, ora, per un paio di settimane, significa governare questa fermata e progettare la ripresa. Diversamente, sarebbe subire passivamente il blocco perché chi conosce industria e mondo del lavoro sa già che, con l’interruzione della catena delle forniture e il rallentamento di Germania e Francia, destinatarie delle nostre maggiori quote di export, la Lombardia metalmeccanica è comunque destinata alla quarantena produttiva.

Molto dipenderà da quanto durerà questa emergenza che, comunque, ha evidenziato alcuni colpevoli ritardi, economici, normativi e sociali, del nostro Paese. Investire in infrastrutture digitali vuol dire accompagnare le imprese verso l’innovazione tecnologica e lanciare definitivamente lo smart working, dopo questo rodaggio improvvisato. Il 5G potrebbe essere la spinta decisiva a Industria 4.0 e la soluzione ai problemi di scarsa copertura della banda larga. I permessi, strutturali, per assistere i figli sarebbero un atto di civiltà e sostegno all’occupazione femminile e avrebbero evitato problemi economici e organizzativi a tante famiglie dopo la chiusura prolungata di asili e scuole.

La sanità pubblica ci sta ricordando il suo valore immenso, da difendere e rilanciare; investire sulla cura della persona, inoltre, può generare maggior benessere e tanto lavoro industriale. L’Europa dovrà cambiare passo e le parole con cui Ursula Von der Leyen ha annunciato massima flessibilità sugli aiuti di stato sono, da questo punto di vista, incoraggianti. Questa crisi, potente e inedita, dovrà anche essere l’occasione per rigenerare i rapporti tra le persone e riscoprire la solidarietà, fatta di responsabilità civica, passione civile e impegno etico; quella che mette al centro delle azioni di ognuno di noi “l’altro”, ricordandoci che ogni scelta individuale ha ripercussioni collettive.

Un fatto di cui occorre tenere conto se abbiamo a cuore il bene comune. È questo senso di responsabilità che ha dato vita al Sindacato, che lo ha sempre animato e che, oggi, ci consentirà di rilanciare il Paese, ripartendo dai luoghi di lavoro.