Passare soldi alle milizie libiche affinché tengano in buona funzione i campi di concentramento in cui sono costretti i migranti è una pratica ormai consolidata delle amministrazioni italiane. Fu inaugurata con taglio progressista quando si trattava di proteggere “la tenuta democratica del Paese”, un’esigenza profilattica con una rubrica formalmente diversa ma sostanzialmente analoga rispetto a quella che, da destra, presidiava la sacralità dei confini nazionali con i provvedimenti razziali denominati “decreti sicurezza”, mantenuti in purezza per un anno buono durante il governo grillino con innesto democratico e poi ritoccati con la destituzione di qualche virgola che non ne revocava il carattere discriminatorio.

Ora c’è una parte – il centrodestra – che vuole ripristinarne il pieno vigore, magari con l’aggiunta di qualche corollario che ne perfezioni l’efficacia respingente nel milieu di identità cristiana da cui si annuncia che dal 26 settembre l’Italia sarà liberata dagli zingari; un’altra parte – il centrosinistra – che in buona sostanza sta a guardare per non compromettersi con un argomento meno allegro da gestire rispetto all’alternativa tra pancetta e guanciale; e una parte ancora – il Terzo Polo – che per voce del socio accomandatario, Carlo Calenda, propone la “chiusura delle rotte di immigrazione illegale” e la conclusione di un “accordo con la guardia costiera libica”. Che cosa significhi “chiusura delle rotte di immigrazione illegale”, se non una specie di versione light della chiusura dei porti, è abbastanza difficile da capire, mentre è facilissimo comprendere che “accordarsi” con gli aguzzini dei lager libici significa chiudere gli occhi sulla realtà mille volte documentata delle spaventose violazioni che hanno libero corso in quei carnai. E la proposta supplementare (“verifica gestione dei campi”) è così oscena, alla luce di quella realtà, che vogliamo sperare sia da attribuire a stanchezza.

Nemmeno sulle politiche di integrazione dei migranti i programmi delle parti appaiono segnalarsi per qualche proposta di inversione dell’andazzo. A destra, pressappoco, il problema è risolto con la prospettiva di cacciarli via, e tutt’al più di accettare quelli bianchi e battezzati. A sinistra, con una chiacchiera che affetta qualche sensibilità umanitarista, ma senza qualcosa di fattivo per evitare che questa gente sia destinataria della bella scelta tra la piantagione schiavista e la delinquenza coatta. E in mezzo nuovamente il Terzo Polo, che in argomento propone “la regolarizzazione per chi trova lavoro”: e pace per il dettaglio che per trovare lavoro devi essere regolare, ma dovrebbe essere abbastanza chiaro a chiunque che il problema dell’immigrazione clandestina sta nella legge che la rende tale, e che per dare lavoro a questa gente occorre cambiare le leggi sul lavoro, tanto ferree nel porre vincoli all’assunzione nel circuito ordinario quanto lasche nel lasciare in semi-schiavitù la massa di disperati incurva sotto il sole a raccogliere i nostri ortaggi.

Ma su tutto, e con l’ipocrisia che la passa per ovvietà da non mettere nemmeno in programma, c’è l’effettività della strage quotidiana che andrebbe evitata: salvandoli, intanto, dissetandoli e sfamandoli. Perché, se ancora non si è capito, questi, provando a raggiungere le spiagge su cui insistono i prioritari diritti dei balneari, muoiono affogati, muoiono di fame, muoiono di sete. E continuano a morire mentre tutti continuano a dire che certo, sì, chi ha bisogno deve essere salvato, però… Però ci sono le elezioni.