La positività di Donald Trump al coronavirus e la maggior possibilità che sia lo sfidante Joe Biden ad aver la meglio sul presidente in carica nella contesa elettorale americana contribuiscono ad affossare la valuta russa. Secondo le aspettative degli investitori, una presidenza democratica sarebbe più aggressiva nelle sanzioni contro Mosca. Per i mercati del rublo la pressione potrebbe ulteriormente acuirsi. Prima e dopo il voto Usa. «Se vincerà Biden, si sconterà la probabilità di una politica ancor più anti-russa e il rublo scenderà», dice al Riformista Economia Chris Weafer, fondatore di Macro Advisory.

La moneta ha perso circa il 7% sul dollaro nell’ultimo mese, meritandosi la maglia nera fra le valute dei Paesi emergenti. Servono ormai 78 rubli per acquistare un biglietto verde. «A guidare questo andamento è solo il sentiment politico», spiega Weafer, più volte premiato come il miglior analista finanziario sulla Russia da Thomson Reuters e Institutional Investor. «Stando ai fondamentali economici il rublo non dovrebbe superare quota 66: c’è una disconnessione tra valore reale e andamento dei mercati: la Russia ha riserve ingenti (circa 550 miliardi di dollari nello scorso aprile, ndr), non ha deficit con l’estero né deficit pubblico, e ha speso poco per le misure di supporto all’economia e alle famiglie dopo l’esplosione della pandemia (circa il 2% del pil, stima la banca Ing, ndr)».

Il ritorno dei prezzi del greggio sopra i 40 dollari il barile dopo il crollo di marzo avrebbe dovuto sostenere la valuta del maggior esportatore di idrocarburi al mondo. Non è stato così. I mercati russi subiscono il rischio di nuove sanzioni che potrebbero materializzarsi entro la fine dell’anno. Il dipartimento del Tesoro Usa ha appena introdotto misure personali contro cittadini russi per presunte interferenze nella campagna elettorale. Provvedimenti più severi con impatto diretto sui mercati sono allo studio. Due progetti di legge bipartisan che sanzionerebbero il debito sovrano e quello societario della Russia son tornati a circolare a Capitol Hill, insieme a un nuovo provvedimento di sanzioni per l’avvelenamento di Alexei Navalny, l’oppositore di Vladimir Putin. Il direttore dell’Fbi Christopher Wray ha intanto accusato Mosca di condurre una campagna di denigrazione contro Joe Biden. Che promette ritorsioni definendo la Russia un «avversario». Mentre Trump ritiene che la Cina costituisca una minaccia ben più grave per l’America. Il Cremlino sostiene di non aver mai interferito nelle elezioni americane, né nel 2016 né tantomeno oggi.

A Mosca si sostiene che la “russofobia” negli Stati Uniti permarrà chiunque sia il vincitore questo novembre. Secondo Weafer, «nel medio termine una presidenza Biden potrebbe addirittura essere più favorevole, vista l’imprevedibilità di Trump, a cui la diplomazia russa si adatta malvolentieri – e l’attuale utilizzo del fattore Russia per ragioni di politica interna a Washington: un utilizzo che senza più Trump alla Casa Bianca verrebbe meno». Ma al momento la differenza di atteggiamento tra i due contendenti è evidente. Visitando la capitale russa nove anni fa, Joe Biden dichiarò che Putin non avrebbe dovuto ricandidarsi per nuovi mandati. Pare che lo zar, che si è appena ritagliato la possibilità di rimanere sul trono fino 2036, non l’abbia mai mandata giù. Per lui e per il rublo si preparano tempi difficili.