In un complesso meccanismo di dichiarazioni e controdichiarazioni, annunci e smentite, gli analisti concordano che ciò che si vede in queste ore potrebbe essere l’attesa controffensiva. I militari russi sostengono di avere respinto tutti gli assalti ucraini nell’area di Zaporizhzhya e Donetsk. Messaggi che Mosca rilancia da diversi giorni, ripetendo che la controffensiva ucraina non starebbe raggiungendo gli obiettivi prefissati. Kiev è di tutt’altro avviso.

Il governo ucraino aveva sostenuto che gli annunci del Cremlino sulla resistenza fossero frutto di un’operazione psicologica per distrarre dagli insuccessi a Bakhmut. Ma dai comandi ucraini arrivano dichiarazioni spesso contraddittorie. La viceministra della Difesa ucraina, Hanna Maliar, aveva ammesso che l’offensiva fosse in corso “in molteplici direzioni”. Altri esponenti di Kiev, invece, continuano a evitare di fornire indicazioni oppure riducono l’importanza di certe manovre. Anche questo fa parte della guerra: specie se ibrida e basata anche sull’informazione.

Tuttavia, quanto trapela dai media occidentali sembra confermare l’inizio della grande manovra ucraina. E mentre anonimi funzionari sentiti dalla “Cnn” suggeriscono che l’esercito ucraino potrebbe aver subito ingenti perdite nell’area di Zaporizhzhya, pur non inficiando la possibilità di vittoria, il portale “Politico”, uno dei più inseriti all’interno sistema di potere Usa ed euroatlantico, sottolinea che l’amministrazione Biden sta “osservando con ansia” quanto accade sul fronte ucraino. Le fonti del governo interpellate dal sito ritengono infatti che dal risultato della controffensiva dipende sia il futuro sostegno militare a Kiev, sia l’apertura di una finestra negoziale. L’ipotesi che circola da diversi mesi, tanto nel Paese invaso quanto nei circuiti occidentali, è che la controffensiva, caricata di un indubbio valore simbolico, possa essere uno spartiacque. In caso di avanzate significative di Kiev, è possibile un rafforzamento dell’impegno euro-atlantico nel supportare la causa di Kiev e la rotta indicata da Joe Biden. In caso di mancati guadagni territoriali, molti analisti – ma anche esponenti del governo ucraino – ipotizzano invece che i partner più titubanti della Nato e alcuni segmenti della politica Usa ed europea inizieranno a premere per un cambio di strategia diplomatica.

Tra queste due ipotesi, vi è poi quella intermedia di chi ritiene che, anche in caso di vittoria ucraina, si arriverà comunque a un negoziato. Con la differenza che Volodymyr Zelensky vi giungerebbe in posizione di vantaggio, siglando un accordo favorevole con Mosca. In attesa di comprendere quanto e in che modo la controffensiva ucraina possa prendere vigore e soprattutto in quale direzione, a tenere banco sono anche due grandi punti interrogativi di questa fase dell’invasione russa e della riconquista ucraina.

Da un lato c’è il tema dei danni causati dal crollo della diga di Kakhovka, che oltre ad avere fermato un’ipotetica avanzata ucraina a Kherson, ha lasciato in tutta la regione, sia quella occupata dai russi che quella in mano all’autorità di Kiev, una scia di devastazione. Le indagini sul crollo proseguono. Dalla Norvegia, l’istituto di sismologia afferma di avere registrato un’esplosione nell’area della diga proprio poco prima del crollo dell’infrastruttura, pur non confermando che questa sia all’origine del cedimento. Mentre i servizi ucraini continuano a cercare prove per accusare in modo circostanziato Mosca. Dall’altro lato, a preoccupare è anche la situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhya, che rischia di trovarsi in mezzo a un ulteriore snodo della controffensiva ucraina. L’impianto occupato dalle forze russe è da tempo al centro dello scontro, e la comunità internazionale sta tentando il possibile per evitare che la battaglia abbia come teatro l’area intorno a un sito così sensibile.

In questo momento, inoltre, l’impianto nel sud dell’Ucraina sfrutta l’acqua proveniente dalla diga di Kakhovka per il raffreddamento del combustibile. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha detto che il sistema dovrebbe funzionare anche se il livello del bacino di raffreddamento scendesse “sotto la soglia dei 12,7 metri”. Per raggiungere livelli di emergenza dovrebbero passare mesi, ma un attacco mirato anche solo all’infrastruttura del raffreddamento può complicare la gestione della centrale. Ipotesi che, dopo quanto accaduto a Kakhovka, non viene esclusa del tutto.

Lorenzo Vita

Autore