Questa mattina il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in collegamento web, in forma solenne si presenta al Parlamento italiano. È stato il Parlamento italiano a decidere così. Ed è un gesto saggio di solidarietà verso uno Stato e un popolo che hanno subito una invasione militare straniera. In passato è successo raramente che il Parlamento italiano compisse analoghi gesti di solidarietà. Più precisamente: non è mai avvenuto. Ma questo non vuol dire che allora non andasse fatto neanche oggi. Al contrario: è un grande passo avanti. È la scelta di anteporre le questioni generali dei diritti dei popoli e del diritto internazionale alla realpolitik.

I casi di invasioni militari nel recente passato sono molti. in Asia, in Africa e in Europa, ma fino ad oggi aveva sempre prevalso la realpolitik, e così non solo il Parlamento non aveva solidarizzato con gli invasi, ma spesso, al contrario, si era schierato – più o meno compatto – con gli invasori. Questo cambio di passo merita un applauso. Più difficile applaudire altri aspetti politici di questa cerimonia. Mi riferisco all’eccesso di retorica, forse, con la quale si santifica un leader politico sicuramente coraggioso ma, come tutti i leader politici, imperfetto. Nelle ultime quarantotto ore ha commesso almeno tre errori di discreta entità.

Ha paragonato la guerra di Ucraina alla Shoah, ha premiato la brigata Azov (che ha simpatie naziste) e ha sciolto 11 partiti dell’opposizione. Diciamo che non sono i gesti migliori da compiere prima di presentarsi al Parlamento italiano per sottolineare le caratteristiche – dittatura contro democrazia – di questa guerra.

L’altro aspetto che non lascia troppo soddisfatti è l’assoluta assenza di iniziativa dell’Italia. Che è stata solo capace di votare l’invio di armi all’Ucraina e l’aumento delle spese militari. Oggi dai grandi paesi democratici europei c’è bisogno di scelte di pace. Di iniziativa politica, diplomatica, sociale. Non di armi. Non di incitamenti alla guerra. L’incitamento alla guerra è l’ultima delle cose di cui ha bisogno Zelensky.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.