Organici ridotti all'osso
Cartabia in visita a Napoli, l’appello dei penalisti: “Più personale e risorse per evitare la paralisi delle aule”
I penalisti di Napoli Nord hanno preparato un libro bianco da consegnare alla guardasigilli per segnalare le criticità del grande Tribunale di provincia, mentre quelli di Napoli lanciano un sos affinché si intervenga anche sulle difficoltà del Tribunale di Sorveglianza. I rappresentanti del personale amministrativo invocano invece soluzioni diverse dai rimedi-tampone per coprire i vuoti di organico che ormai si trascinano da anni. C’è grande attesa per l’arrivo a Napoli della ministra della Giustizia Marta Cartabia che stamattina visiterà la cittadella giudiziaria del Centro direzionale e poi il Tribunale di Napoli Nord. A meno di una settimana dalla sua visita nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, finito al centro dell’inchiesta sui pestaggi subiti dai detenuti, la guardasigilli è pronta a incontrare i vertici degli uffici giudiziari napoletani e i rappresentanti dell’avvocatura e a osservare con i propri occhi le criticità che affliggono il più grande distretto d’Italia.
Uno dei nodi centrali riguarda il personale che opera al servizio della giustizia. Parliamo sia dei magistrati sia degli amministrativi: sono pochi rispetto al numero e alla complessità dei procedimenti in corso a Napoli. E le scoperture sono criticità che devono essere affrontate contemporaneamente perché sarebbe inutile potenziare l’organico dei magistrati senza rafforzare quello dei cancellieri, degli assistenti giudiziari, degli ausiliari. I dati più recenti registrano scoperture, fra i dipendenti giudiziari, che variano dal 24,47 al 40%. «Per quanto riguarda la situazione del personale giudiziario – sottolinea il Comitato lavoratori giustizia – due sono le questioni, tra le altre, che vorremmo portare all’attenzione della ministra: la carenza di ausiliari (gli ultimi rimasti sono allo stremo delle forze) e lo scorrimento della graduatoria che vede circa 2mila funzionari in pectore tuttora relegati in area esecutiva in attesa di quel riconoscimento di carriera ottenuto tramite superamento di concorso interno, già finanziato dal 2015». «A fronte delle risorse investite per il processo penale telematico, attendiamo un’attenzione maggiore verso il reclutamento di risorse umane – aggiungono i dipendenti giudiziari – Diamo atto che dopo vent’anni di immobilismo sono stati indetti concorsi e reclutato personale specializzato, tuttavia il ritardo accumulato non ha permesso alle nuove assunzioni di colmare le lacune in organico».
Il presidente della Camera penale di Napoli, Marco Campora, punta l’attenzione anche su un altro aspetto, cioè quello relativo al giudizio di appello: «Il processo d’appello vive una crisi profonda. Quanto alle risorse, il criterio dell’applicazione, come quello attuato a Napoli, non è soddisfacente perché in Corte d’appello sono necessari giudici con grande esperienza». «Ci auguriamo inoltre che con questa doppia visita a Santa Maria Capua Vetere e a Napoli – continua il leader dei penalisti partenopei – Cartabia confermi la sua sensibilità verso i detenuti e il tema del carcere e si impegni a risolvere le gravissime criticità del Tribunale di Sorveglianza che noi abbiamo denunciato. Quella dell’esecuzione è una fase processuale importante, quella in cui si applica la sanzione: non si può pensare che si tratti di una fase dimenticata, ne va della dignità dei detenuti che attendono una decisione per anni e del rispetto dei diritti costituzionali».
Al Tribunale di Napoli Nord, invece, le criticità più gravi sono strutturali oltre che relative al personale. «Consegnerò alla ministra un libro bianco dove abbiamo segnalato una serie di criticità che devono essere superate se non si vuole affossare questo Tribunale, dal problema delle aule a quello del carcere – spiega l’avvocato Felice Belluomo, presidente della Camera penale di Napoli Nord, che già aveva invitato Cartabia a visitare gli uffici di Aversa – Ci auguriamo che vengano abbandonate le carte bollate, i protocolli e le pec per sedersi attorno a un tavolo con tutti gli operatori, discutere delle emergenze e trovare soluzioni concrete». «Il Tribunale – conclude Belluomo – non deve essere la casa di qualcuno, per esempio solo dei magistrati, ma di tutti i cittadini e gli operatori devono essere messi nelle condizioni di lavorare al meglio nell’interesse superiore di giustizia».
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