Quindici collegi della Corte di appello operativi su diciotto, sedici posti vacanti nella pianta organica dei magistrati del settore penale e molti molti di più tra il personale amministrativo, circa 56mila procedimenti pendenti. Non serve essere fini matematici per comprendere come mai nel distretto di Napoli il collo di bottiglia della giustizia sia in Corte di appello. Nonostante gli sforzi organizzativi del presidente Giuseppe De Carolis di Prossedi e quelli per arginare gli arretrati compiuti da giudici e cancellieri, sono evidenti le sproporzioni. Cominciamo dai collegi: ce ne sono quindici su diciotto.

Perché? «Non ci sono magistrati che fanno domanda per la Corte d’appello nel settore penale – spiega il presidente De Carolis – È un problema che si trascina ormai da anni». È come se la funzione di giudice d’appello non avesse più appeal sui magistrati, non influisce sull’avanzamento di carriera e comporta un carico di lavoro eccessivo. «Eppure l’esperienza di giudice in Corte d’appello è molto formativa – osserva il presidente – Si lavora tantissimo, ma la funzione è interessante». I carichi di lavoro sono condizionati dal fatto che il personale delle varie sezioni è numericamente insufficiente. «Abbiamo solo quindici collegi penali e riusciamo a coprirli esclusivamente grazie alle applicazioni dal Tribunale. Non riuscendo ad avere domande per assegnazioni definitive, infatti, l’unica soluzione è ricorrere all’applicazione di tre o quattro magistrati che per un periodo di sei mesi o un anno sono in Corte d’Appello». Per completare la pianta organica nel settore penale occorrerebbero sedici magistrati ancora. «Un numero enorme», sottolinea il presidente ricordando anche la mole di procedimenti pendenti.

«Una sola sezione della Corte d’appello di Napoli ha più processi pendenti di tutte le sezioni della Corte d’appello di Milano messe insieme», aggiunge. E la questione non è solo quantitativa. «Non è solo un problema di numeri ma anche di qualità – afferma De Carolis – Ogni anno abbiamo centinaia di maxiprocessi che altre Corti d’appello non hanno. E sono centinaia anche i processi pendenti dinanzi alle cinque sezioni di Assise a fronte dei trenta processi di Roma e Milano». La sproporzione, dunque, è evidente sotto vari punti di vista: «La Corte d’appello di Napoli è la più grande d’Italia e abbiamo sette Tribunali del distretto, tutti mediamente grandi». «Siamo in una situazione paradossale – aggiunge De Carolis – per cui la Procura produce più di quello che il Tribunale riesce a smaltire, i Tribunali producono più di quello che la Corte d’Appello riesce a smaltire e la Corte d’Appello produce più sentenze di quelle che riesce ad eseguire. È come se, in una catena di montaggio, si mettessero dieci persone a fare il primo pezzo e una sola a fare l’ultimo: si avrebbero tanti semilavorati e nessun prodotto finito. Ma in un Paese civile i processi vanno definiti e non si può dare spazio solo alla prima fase, lasciando che la sentenza non arrivi mai».

Uno dei nodi da sciogliere riguarda la distribuzione delle risorse. Se dei nuovi cancellieri, 70 vanno alla Procura e 20 alla Corte d’Appello, o dei nuovi operatori 30 vanno alla Procura della Repubblica e solo 6 alla Corte d’Appello, è chiaro che si creano sbilanciamenti. «Anche se avessimo più magistrati non potremmo fare più udienze, perché non abbiamo cancellieri – puntualizza De Carolis – Il problema dell’allocazione delle risorse è quindi cruciale. Serve una visione di insieme del processo, che comincia con il pm che fa l’azione penale e finisce con l’esecuzione della sentenza definitiva». «In Corte d’appello – precisa il presidente – è proprio la pianta organica a non essere adeguata per cui anche se fosse coperta al 100% (e non lo è comunque) si andrebbe in difficoltà, perché è una pianta organica fatta tantissimi anni fa quando in appello arrivavano meno processi. Ora invece le sopravvenienze sono notevolmente aumentate. Si pensi ai processi che arrivano dal Tribunale di Napoli Nord, che prima non c’era, per cui se si aumenta la produttività in primo grado e non si aumenta parallelamente quella in secondo, inevitabilmente il meccanismo si inceppa».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).