I tavoli delle conferenze della pace sono fatti probabilmente con lo stesso legno delle bare. Quando una guerra entra nella fase delle trattative tutto si incarognisce e lo vediamo in questi giorni in Ucraina dove appena è cominciata a circolare la voce di un possibile negoziato ecco cominciato un nuovo calvario per la popolazione civile: il blackout totale, all’inizio dell’inverno più gelido, senza luce, senza gas, senza possibilità di far funzionare le macchine, i cellulari, gli ospedali con le loro attrezzature.

Questo significa che la trattativa è iniziata. E dei due contendenti per ora soltanto l’ucraino Zelensky ha dettato la sua agenda. Un’agenda assolutamente giustificata dai fatti, cioè dall’aggressione, ma di nessuna utilità reale per la trattativa. Zelensky, infatti, ha detto l’unica cosa che poteva dire e cioè ha raggruppato in 10 punti non soltanto le questioni militari ma anche quelle del nuovo futuro che dovrebbero garantire ogni Stato e comunità umana e cioè l’intangibilità di tutto ciò che è essenziale per la vita di un popolo a cominciare dal cibo, l’energia, le libertà civili fondamentali e l’integrità dei territori.

Nobili parole ma assolutamente non utili per una trattativa perché se trattativa ci sarà, consisterà in una serie di sacrifici bilaterali in cui i due nemici affermeranno ciascuno di essere disposto a perdere qualcosa. Zelensky ha ben chiarito che lui non è disposto a perdere proprio nulla perché l’integrità dell’Ucraina non è trattabile e che la pace si potrà avere soltanto quando i russi si ritireranno da tutti i territori occupati manu militari, a cominciare dalla Crimea nel 2014. Poi Zelensky ha detto che i russi dopo essersi totalmente ritirati dovranno pagare i misfatti compiuti e riparare tutti i danni e delitti commessi. Di nuovo: belle parole ma prive di qualsiasi utilità perché non concedono nulla sia pure in nome del buon diritto degli ucraini invasi dall’esercito russo il 24 febbraio scorso.

Dall’altra parte non si vede Putin. Il presidente russo non intende iniziare nulla di concreto e visibile prima di aver cancellato l’immagine umiliata della leggendaria Armata Rossa che ancora esibisce sui blindati il vessillo con la falce e il martello. Mentre il freddo congela gli esseri umani, lui ha deciso di seguire l’indicazione distruttiva dei suoi generali più esperti con il bombardamento sistematico di tutti gli impianti che producono energia: obiettivi non militari ma civili per distruggere il morale di un popolo congelato e terrorizzato benché patriottico. Putin è sotto la pressione dei suoi alleati cinese e indiano che spingono verso una soluzione mediata della guerra, così come fa apertamente il presidente americano Joe Biden che ha trovato la sintonia perfetta con il suo omologo francese Emmanuel Macron. È Macron che ha realizzato questo setting che i russi hanno approvato in maniera non dichiarata limitandosi a non delegittimarlo come hanno fatto proprio ieri con la Santa Sede rifiutando seccamente la proposta di ospitare in Vaticano i colloqui di pace.

Emmanuel Macron, benché faccia la voce grossa sui principi, è tuttavia un interlocutore diverso dagli altri leader europei perché rappresenta la continuità della politica francese nei confronti della Russia, fin dai tempi dell’impero dei Romanov per cui la Francia scese in guerra con la Germania nel 1914, e poi con l’Unione Sovietica. considerata dal generale de Gaulle il partner del futuro con cui costruire un’Europa liberata dagli americani. Il fatto stesso che la conferenza che si apre ora a Parigi avvenga proprio a Parigi è un segnale di continuità che sarebbe mancato nel caso in cui la stessa conferenza avvenisse a Bruxelles, o a Berlino, o a Roma. Che non si tratti soltanto di un aspetto formale e storico lo dimostra il fatto che Macron è stato l’unico a dichiarare tra i leader mondiali che la Russia ha delle legittime esigenze di sicurezza. Tradotto: la Russia ha ragione a temere l’accerchiamento della Nato che costituisce per Mosca un legittimo casus belli.

Sarebbe stato meglio affrontare questo problema prima di arrivare a una guerra, ma dal momento che la guerra e ormai una realtà incancrenita che potrebbe durare decenni alimentando uno stato di terrore collettivo, non basta chiudere questo conflitto nel modo più decoroso possibile ma occorre affrontare quei temi di sicurezza che Mosca sostiene di aver dichiarato essenziali ma che l’Occidente avrebbe ignorato. Tradotto di nuovo: secondo Macron era inevitabile che la Russia desse la zampata dell’orso vedendo una parte importante del suo stesso impero armarsi e trasferirsi nel campo delle identità e delle economie occidentali che vanno dagli Stati Uniti all’Unione europea.

Macron naturalmente su tutto il resto sembra marciare compatto e unito con gli altri leader occidentali e sta godendo una speciale luna di miele con l’inquilino della Casa Bianca che non vede l’ora di chiudere la partita della guerra inutilmente costosa e sempre più rifiutata dal cittadino americano medio che vede diminuire la sua capacità di spesa e che rifiuta gli sprechi militari. Per di più l’ex presidente Donald Trump sulla guerra in Ucraina mantiene un atteggiamento filo putiniano e nei suoi comizi grida che l’Ucraina e il paese più corrotto del mondo e che se l’Occidente europeo ha deciso di salvarla dalla Russia, metta mano finalmente al portafoglio e spenda per quella guerra i suoi soldi e non quelli del contribuente americano. Bisogna ricordare che durante la campagna elettorale americana Donald Trump aveva puntato fortemente sugli scandali ucraini del figlio del presidente degli Stati Uniti, Hunt Biden che in Ucraina ha sempre avuto un opaco giro d’affari insieme ai peggiori oligarchi locali.

Paradossalmente si può dire che gli atteggiamenti di Donald Trump e di Emmanuel Macron finiscono col coincidere offrendo a Vladimir Putin la possibilità di usare l’operazione militare speciale in Ucraina per ottenere una conferenza mondiale su cui è d’accordo anche la Cina per stabilire un nuovo ordine planetario in cui sia riconosciuta la parità fra Occidente americano e i cosiddetti “Bric”, di Brasile, Russia, India e Cina. Questo è lo sfondo prospettico sul quale cerca di trovare posto il mito della trattativa. La guerra si incattivisce e gli ucraini sanno bene che il loro valore e il loro addestramento nulla potrebbero contro i russi se non disponessero dei sistemi di artiglieria computerizzata americani e inglesi.

Dunque, la conferenza per il momento non si propone altro scopo se non quello di affermare gli ovvi motivi di principio che imporrebbero il ritiro degli invasori e il ripristino della sovranità di Kiev sui territori occupati, ma il fiume delle parole prevedibili non sposterà di un millimetro la situazione sul campo. Tuttavia, non sarà certamente tempo perso perché le basi di partenza promettono un punto di vantaggio per Putin, al quale Macron concede attenzione per un “nuovo ordine mondiale” che poi è l’obiettivo della stessa operazione speciale in Ucraina. Premesse e promesse per ora vaghe e controverse che richiederanno probabilmente un tempo lunghissimo a meno che i giochi non siano già molto più avanti, nei corridoi della diplomazia segreta.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.