Se nella Fase 1 agli italiani è servito un Presidente-notaio che traducesse in realtà le indicazioni degli scienziati, nella Fase 2 occorre un’altra cosa: un leader esente da disegni personali e capace di avvalersi di una politica rientrata nell’alveo da cui non dovrebbe mai uscire: quello della realtà e della lungimiranza. E ad oggi, se il ruolo di notaio ha calzato a pennello all’avvocato Conte, – “i sondaggi lo premiano perché è impolitico” ha osservato sul Riformista di ieri Mannheimer -, il ruolo di politico non sembra proprio nelle sue corde. Lo si è capito da subito, da quando il premier decise di chiudere la “Fase 1”, quella della collaborazione costruttiva tra maggioranza e opposizione, attaccando in diretta tv le opposizioni sulla questione del ricorso al Mes. Da lì in avanti, dentro e fuori la maggioranza di governo, si è sfaldato tutto. Ciascuno ha iniziato a fare il proprio gioco e lo spirito di collaborazione, auspicato da tutti a parole, si è rivelato per ciò che davvero era: una grande, grandissima ipocrisia. E così è ripartita la corsa agli interessi di bottega.

Riconosco a Conte di aver guidato con fermezza il Paese nella Fase 1, anche se gli errori sono stati molti. Penso al 24 gennaio, quando chiedemmo da queste pagine, nell’indifferenza generale, perché si fossero fatti sbarcare centinaia di passeggeri da Wuhan a Fiumicino (nonostante la Cina avesse già chiuso le frontiere). Penso anche a quando (31 gennaio) il premier annunciò urbi et orbi dalla Gruber che eravamo prontissimi ad affrontare l’emergenza salvo poi trovarci a corto di mascherine, respiratori e tutto ciò che davvero serviva. Penso alla confusione legata alle regole da rispettare, quando nessuno per settimane è riuscito a capire come comportarsi. E tuttavia, se nella Fase 1 è bastato concentrare la comunicazione sul concetto dell’#iorestoacasa e provare a gestire l’emergenza pandemia momento per momento, nella Fase 2 occorre la politica, e un primo ministro orgogliosamente impolitico potrebbe non fare più al caso del Paese. Ora tocca infatti affrontare gli effetti – in primo luogo economici e sociali – prodottisi durante la Fase 1, far ripartire il motore del Paese e, al contempo, riuscire ad evitare che i contagi possano risalire, come temuto da molti epidemiologi.

Occorrono, cioè, decisioni lungimiranti basate su competenze economiche e politiche che un notaio non ha. Si possono costituire tutte le task force che si vuole, valutare tutte le soluzioni possibili che queste suggeriscono, ma la leadership richiesta in questa fase prescrive una qualità: saper scegliere tra quelle soluzioni e assumersene la responsabilità. E in tal senso l’impolitico avvocato Conte ha bisogno delle forze politiche che lo sostengono in Parlamento. Peccato che le continue divisioni nella maggioranza, il mercanteggiare tra i partiti e la scarsa chiarezza degli obiettivi da raggiungere non lo aiutino affatto. Non passa giorno senza che qualche velina di questo o quel partito di maggioranza faccia filtrare i malumori nel governo. Per trovare le necessarie mediazioni i decreti ritardano e intanto milioni di cittadini aspettano un supporto dallo Stato che per ora arriva solo a parole.

Il costante braccio di ferro tra sinistra e 5Stelle, a prescindere dalla mozione di sfiducia a Bonafede, è il termometro evidente di una maggioranza che naviga a vista e che sembra subire gli effetti della pandemia economica anziché anticiparli. Ogni partito rappresentato in Consiglio dei Ministri cerca di portare a casa l’approvazione di questo o quel provvedimento utile a dare ristoro a questa o quell’altra categoria. Si fanno i soliti calcoli elettorali proprio nel momento in cui la realtà attorno consentirebbe alla politica uno slancio e un’apertura che non le appartengono più da tempo. Anche lo scontro sulla sanatoria per i migranti, che di fatto ha rallentato il varo del decreto Rilancio, non è sembrato finalizzato ad affrontare finalmente il problema degli irregolari o a risolvere il problema della manodopera in agricoltura, ma a piazzare una bandierina nel campo della sinistra.

Tutte queste scelte, oltre a denotare un’assenza di visione politica, indicano l’assenza di un metodo. Non è sfuggito, per esempio, che il premier Conte abbia accentrato su di sé moltissimi poteri e al contempo abbia lasciato nelle mani delle Regioni le scelte più importanti della Fase 2, quando invece sarebbe servito un governo capace di dare linee guida chiare che consentissero una Fase 2 asimmetrica. Non ha senso che Molise e Lombardia debbano seguire le stesse regole, come è sbagliato non aver individuato dei criteri in base ai quali le diverse tipologie di attività potessero riaprire. Il governo avrebbe dovuto avere subito il coraggio di dire che nei territori sotto un certo tasso di contagi le riaperture potevano partire subito.

La Fase2, che sarà la fase di convivenza con il virus e che durerà molto più di quanto pensiamo, richiede una comunanza di visione e un piglio politico di cui questo governo è sprovvisto. La verità, il tabù, è che la via maestra dovrebbero essere le elezioni. Ma visto che le elezioni, per ora, non le vogliono fare, sarebbe bene che questo governo abbandonasse il piccolo cabotaggio e sapesse volare all’altezza delle necessità e delle preoccupazioni degli italiani. Altrimenti, meglio farsi da parte e consentire a una nuova maggioranza, più competente di quella attuale, di governare il Paese, anziché lasciarlo in mano a task force e partiti tanto eterogenei. Anche perché, è bene ricordarlo, le ultime elezioni politiche le ha vinte il centrodestra, ma a governare sono tutti gli altri. E gli italiani lo sanno.