Come affermato dalla Presidente Cartabia nella sua relazione, nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri. È ormai evidente a chiunque voglia affrontare con senso delle istituzioni la grave crisi in cui ci troviamo, che il rispetto dello stato di diritto costituzionale è condizione indispensabile a conquistarci la possibilità di uscirne evitando l’avvitamento in una spirale di crisi economica, ingovernabilità, conflittualità sociale, rischi di tenuta democratica.

È ora che il Parlamento italiano intervenga sui decreti del governo in conversione in questi giorni con la propria potestà legislativa, facendo coincidere con l’avvio della seconda fase di gestione dell’emergenza sanitaria anche il rientro nella legalità costituzionale. Il Parlamento deve riaffermare che sono inaccettabili le limitazioni a tutte le libertà fondamentali sancite dalla Costituzione, libertà il cui esercizio durante l’emergenza deve essere garantito nel rispetto delle misure finalizzate a prevenire la diffusione del contagio.

Al Governo spetta il compito di indicare nel dettaglio tali condizioni, non certo quello di comprimere le libertà fondamentali con atti amministrativi o di stilare una sorta di gerarchia tra esse, come sembrano proporre alcuni a seguito del dibattito sulla libertà di culto che si è aperto dopo l’intervento dei vescovi italiani. Per questo ho presentato un emendamento per far sì che a partire dal 4 maggio sia garantito l’esercizio della libertà personale, delle libertà di circolazione, di soggiorno, di riunione e manifestazione nel rispetto delle misure igienico sanitarie di distanziamento e di protezione individuale, da dettagliare con decreto del Ministero della Salute che preveda disposizioni tecniche attuative.

Da più parti e in modo pressante sentiamo proteste contro l’abuso dei Dpcm da parte di leader e di autorevoli esponenti di forze politiche, anche di maggioranza, che dispongono di decine e centinaia di parlamentari. I principali gruppi politici smettano intanto di cercare accordi fuori dall’Aula, finendo per essere complici della mortificazione del ruolo del Parlamento. Non è più il momento della protesta, è il momento dell’iniziativa alla luce del sole. Un tale intervento parlamentare aiuterebbe a chiarire cosa non può fare il governo e cosa invece deve fare. Sarebbe un richiamo forte all’esecutivo perché proponga finalmente alle Camere e al Paese una strategia di uscita dal lockdown, fatta di azioni efficaci e chiare nella loro attuazione oltre che legittime.

L’impatto delle misure del governo sulle libertà dei cittadini è tanto più pesante e indiscriminato quanto più sembra mancare questa strategia. La segregazione di tutti gli italiani doveva servire a diluire il peso sulle corsie degli ospedali e guadagnare tempo per organizzare la diagnostica in grado di interrompere le catene del contagio. Ormai più di un mese fa 300 scienziati e ricercatori italiani avevano rivolto al governo un appello per l’adozione di un piano nazionale anti-contagio basato sull’implementazione dei tamponi utilizzando tutti i laboratori disponibili, anche convertendoli da altri usi. Ho posto la questione direttamente al presidente del Consiglio alla Camera in replica alla sua informativa di marzo, ma anche quella richiesta è caduta nel vuoto.

A tre mesi dalla dichiarazione dello stato d’emergenza il ministero della Salute non ha emanato linee guida con i criteri con cui fare test e ogni regione continua ad andare per conto suo. Non abbiamo quindi un piano nazionale anti-contagio che estenda a tutto il paese l’approccio adottato in Veneto dal professor Crisanti che ha dimostrato di essere quello più efficace per spegnere focolai e anticipare il contagio anziché inseguirlo.  Con il ritorno al lavoro di milioni di cittadini e la conseguente intensificazione dei contatti sociali, sarà necessario effettuare test ripetitivi su larga scala. Si sta provvedendo ad attrezzare per questo la sanità territoriale? O si intende mandare migliaia di persone ogni settimana nei pochi ospedali che li eseguono creando concentrazioni molto rischiose?

Anche la famigerata app Immuni, senza risposte nette a queste domande, rischia di essere una boutade peraltro foriera di ulteriori enormi dubbi di legittimità costituzionale che il governo non ha ancora saputo chiarire. Sono solo alcuni degli interrogativi essenziali da cui dipende la vita degli italiani. Per tutti questi motivi l’intervento del Parlamento per il rientro nella legalità costituzionale della gestione dell’emergenza è l’atto più urgente per il presente e per il futuro del nostro Paese.