Il mondo del 2023 va assomigliando al mondo che nel 1914 si dilaniò nella Grande Guerra per molti motivi scollegati e convergenti: allora la nuova Germania era certa di poter strappare all’Inghilterra il dominio dei mari, la Francia e la Russia zarista erano unite con la Serbia. Mai avremmo sospettato nel 1945 con l’inizio del bipolarismo e dai primi venti di guerra fredda, che dopo due generazioni ci potessimo trovare a fronteggiare una corsa verso le strutture imperiali. La Germania e il Giappone, le due grandi potenze nemiche delle democrazie nella Seconda guerra mondiale, hanno deciso di riarmarsi come grandi potenze e nel caso della Germania di farlo sotto l’impulso americano.

L’America nel complesso anche molto contenta del risorgere della potenza giapponese perché sente di non poter farcela da sola nel contenimento della Cina se le cose dovessero precipitare. E poi naturalmente c’è la Turchia di Erdogan che sta rimettendo insieme l’impero ottomano recuperando quel che può del Medio Oriente e puntando ora specialmente sulla Siria che vuole condividere con i russi contando di espellere – se non di sterminare – il popolo curdo. Ma c’è la vicenda delle armi in Ucraina che sta creando la più grande spaccatura e saldatura tra imperi e democrazia. La Francia di Macron e la Germania di Scholz hanno formato in questi giorni una specie di Santa alleanza insieme alla Polonia per trovare l’accordo con cui recapitare a Kiev un numero sufficiente di carri armati Leopard (diretti discendenti dei Tigre del Terzo Reich), quanti ne bastano per rovesciare le sorti della guerra a favore di Kiev. Dove lo Stato maggiore ucraino è convinto non solo di potersi riprendere tutta l’Ucraina invasa, ma anche la Crimea.

È sulla Crimea che gli americani non ci stanno e tendono a frenare l’asse più militarista europeo formato da Germania, Francia, Polonia, Svezia e Finlandia. convinto di dover infliggere una sconfitta militare a Putin per poter poi ripartire da capo con un’altra Russia e un’altra Europa. Si tratta idi una rielaborazione della linea gollista che voleva l’Europa dall’Atlantico agli Urali, già difesa da Macron, che però pensa di poter imporre la caduta del regime attuale a Mosca e la nascita di un regime filoeuropeo. Gli americani invece sono preoccupatissimi del piano ucraino franco-tedesco di cacciare i russi anche dalla Crimea. In parole povere gli Stati Uniti puntano a una guerra di lunga durata e di lungo costo che abbia l’ obiettivo di persuadere Putin a fare marcia indietro senza nuove avventure, mentre Berlino, Parigi e Varsavia accarezzano l’idea della spallata: dare una spallata a regime del Cremlino, far emergere le forze europeiste in grado di sostituire l’attuale dirigenza e passare di fatto a una incorporazione della Federazione russa nell’orbita europea che è l’esatto contrario di ciò che pensava di fare Putin incorporando l’Europa nell’orbita russa.

A questo piano europeo che sta prendendo forma in queste ore con una serie di “stop and go” per via dei ripensamenti ora del governo tedesco ora del dipartimento di Stato americano, Putin è certamente pronto a rispondere ma non è ben chiaro come. Per cominciare l’attuale governo russo distingue le posizioni europee da quelle americane che sono molto più caute, ma sempre con l’obiettivo di non abbandonare mai gli alleati ucraini anche perché è evidente che questa guerra subita dall’Ucraina abbia fatto emergere un paese che nel corso di un anno è diventato una vera potenza umana anche se ancora non in grado di produrre sistemi di difesa in proprio. Dal punto di vista americano l’Ucraina che era stata tenuta accuratamente fuori dalla Nato è adesso una potenzialità più che una potenza e costituisce un solido bastione per l’Occidente. Tuttavia, né Biden, né il dipartimento di Stato, né la Cia puntano alla sostituzione di Putin o su improbabili colpi di mano a Mosca. E a questo punto, con la evidente separazione degli interessi e degli strumenti fra Europa e America nella questione Ucraina, Putin può a sua volta differenziare le sue reazioni contro i nemici europei separandole da quelle contro gli Stati Uniti.

Secondo tutti gli analisti americani ed europei la risposta che si sta profilando da parte dei russi nei confronti dell’Europa è un’accurata preparazione di un piano in parte terroristico, in parte destabilizzante condotto da forze di estrema destra. Per primo il partito imperiale russo bianco, suprematista ed antisemita con molti simboli nazisti che sarebbe stato addestrato e schierato sul campo per ora in Spagna, dalla cosiddetta “Unità 29155”, che sarebbe l’antico servizio militare sovietico e poi russo. In Spagna governo e polizia nonché l’opinione pubblica si sono trovati di fronte a una catena di manifestazioni di suprematisti bianchi dei gruppi antisemiti sui quali le autorità spagnole non si sono ancora espresse ufficialmente ma che a parere della signora Fiona Hill, già direttrice del consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca per i rapporti tra Europa e Russia, conferma il collegamento tra servizio militare russo e i nuovi nazisti sparpagliati in Europa. Non sarebbe la prima volta perché già dopo la caduta del muro e il dissolvimento dell’Unione sovietica emersero sotto il coperchio imperiale eserciti di ultras che si dichiaravano ora nazisti e ora comunisti, uniti dal comune progetto di sottomettere le depravate democrazie occidentali.

Nell’aprile del 2020 il Dipartimento di Stato americano denunciò la crescita di uno sconosciuto Movimento Imperiale Zarista che costituisce la parte violenta del suprematismo bianco. Secondo l’intelligence americana e il dipartimento di Stato i capi di questo vasto movimento che agisce sia in America che in Europa sarebbero il fondatore Stanislav Anatolievich Vorobyev, in azione da due decenni, Denis Valiullovich Gariyev al comando dei paramilitari della Legione Imperiale Russa e Nicolai Nikolayevich Truschalov, specialista in operazioni all’estero. A questi gruppi sostenuti dai servizi russi e in particolare dal Gru – intelligence militare – gli svedesi attribuiscono gli attentati di Gothenburg nel 2016 che avevano colpito posti di rifugio per i migranti e altri luoghi di accoglienza. Secondo la Stanford University il Movimento Imperiale Russo trova i suoi adepti fra ”suprematisti bianchi” monarchici ultranazionalisti ortodossi antisemiti, tutti nostalgici dell’Impero zarista dei Romanov ma nutriti di idee neonaziste fuse con quelle dei suprematisti bianchi europei e americani. A loro dichiarò di ispirarsi l’australiano che nel 2019 uccise 51 musulmani in Nuova Zelanda.

Gli stessi personaggi avrebbero compiuto nel 2018 l’attentato in Inghilterra contro Sergei Skripal, ex agente del Gru passato agli inglesi, avvelenando lui e la figlia, scatenando durissime reazioni della politica e della stampa inglese, procedendo poi con una catena di attentati nella Repubblica Ceca e in Bulgaria oltre a un tentativo di colpo di Stato in Montenegro nonché una taglia offerta ai talebani afghani per ogni soldato occidentale ucciso. Secondo le inchieste che affiorano sulla stampa americana australiana e canadese questo vastissimo movimento ormai radicato in quasi tutti i Paesi occidentali potrebbe avere il compito di destabilizzare dall’interno i Paesi dell’Europa occidentale inclini all’invio di carri armati tedeschi Leopard in Ucraina, Nel frattempo – sono dati dell’ultimo mese – la Cina ha smesso di crescere: i progetti vagheggiati dalla dirigenza del partito comunista cinese sembrano frustrati da una crisi imprevista: il calo repentino delle nascite, l’aumento delle morti per Covid e la sterilità di 150 milioni di maschi privi di una partner femminile a causa della politica di un solo figlio per famiglia voluta da Mao Zedong la cui conseguenza è stata la strage nelle case contadine di quasi tutte le neonate femmine, inutili come forza lavoro nei campi.

Sembrano crollare a picco le prospettive del mercato interno e si prevede uno svuotamento delle scuole. La Cina vive una crisi economica che porterà fin quasi all’arresto della crescita del paese mentre la fobia di nuove forme di covid provoca tumulti, panico e cessazione di attività commerciali e produttive. con l’effetto collaterale di una rivendita sottobanco di milioni di barili di grezzo che la Cina compra a prezzo di favore dalla Russia e rivenderebbe sottobanco all’Iran, che a sua volta lo immette sui mercati che avevano adottato il Price Cap contro la Russia. Una parte dell’Europa del Nord più, la Francia, è incline a fondersi con i nuovi membri della Nato, Svezia e Finlandia, più Germania Francia e Polonia che puntano su una nuova Russia senza Putin e che quindi perseguono la sconfitta.

Anche Vladimir Putin vede come il fumo negli occhi questo progetto volto a farlo fuori senza danneggiare la Russia, perché è sempre più determinato a rimettere insieme l’antico Impero russo. Infine, il turco Erdogan è infaticabile nel trattare su tutti i tavoli, europeo, americano, russo e cinese pur di tornare padrone del Mediterraneo, della Libia e del Medio Oriente. L’invasione dell’Ucraina di undici mesi fa ha aperto dunque un inaspettato vaso di Pandora che ha portato alla luce sottomondi fra loro ostili e infuriati esattamente come accadde quando la fine della Grande Guerra mise il mondo di fronte ad un formicaio ingovernabile simile a quello contenuto dai vecchi imperi.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.