Più che di misure emergenziali, ci sarebbe bisogno di condizioni per attuare le misure ordinarie. Come a dire che la soluzione è più semplice di quel che appare e che ci sono problemi cronici che nessun provvedimento politico “di facciata” potrà mai mettere in ombra. Pensiamo al Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Ha inaugurato l’anno con i problemi di sempre, legati ai vuoti in organico. In servizio risultavano, a febbraio, 34 unità a fronte di 57 previste sulla carta fra dirigenti, funzionari, cancellieri, assistenti e ausiliari, con una copertura del 42% e questo solo per parlare del personale di cancelleria. Ci sono carenze di organico anche fra i magistrati.

Basti considerare che il Tribunale di Sorveglianza di Napoli ha giurisdizione sulla casa circondariale di Poggioreale (parliamo di più di 2.100 detenuti), sul centro penitenziario di Secondigliano (oltre 1.300 detenuti), sul carcere femminile di Pozzuoli (oltre 150 detenute) e sulle strutture di Aversa, Carinola, Santa Maria Capua Vedere, Ariano Irpino, Benevento, Avellino, Sant’Angelo dei Lombardi, Lauro. Il numero complessivo di detenuti nel distretto sfiora i 7mila e 4mila di questi sono detenuti in esecuzione pena. Il numero di magistrati, nel distretto, è di undici nell’Ufficio di Sorveglianza di Napoli, oltre il presidente, quattro nell’ufficio di Santa Maria Capua vedere e quattro nell’ufficio di Sorveglianza di Avellino.

Non serve essere esperti matematici per capire che c’è una sproporzione tra le forze di questi uffici giudiziari e il numero di istanze da valutare. I procedimenti pendenti sono nell’ordine di 50mila o giù di lì. E se a questi numeri si aggiungono quelli del Covid, fra cancellieri e magistrati che sono o sono stati positivi al virus e in quarantena, si deduce che il personale è ridotto all’osso. Gli appuntamenti richiesti dagli avvocati per compiere un adempimento sono fissati anche a distanza di un mese e si prevede il rinvio di più della metà delle istanze fissate in una giornata. Insomma, i tempi sono dilatati con tutte le conseguenze che i rinvii hanno sulla vita di chi è in carcere e potrebbe beneficiare di misure alternative.

«È un tema cruciale che nessuno sta affrontando», spiega Raffaele Minieri, penalista, membro della direzione nazionale di Radicali e segretario dei Radicali per il Mezzogiorno europeo. Provando per un attimo a spostare l’attenzione dalle preclusioni previste dal decreto Ristori in fatto di misure alternative alla detenzione in tempo di Covid, l’avvocato Minieri evidenzia un’altra anomalia del sistema: «Le norme varate da questo nuovo decreto non sono chissà quanto innovative rispetto alle altre. Penso alla Svuotacarceri del 2010. Anzi, finiranno per ingolfare ulteriormente gli uffici di sorveglianza senza avere grandi effetti sul sovraffollamento delle carceri. Meglio creare una task force negli uffici di sorveglianza per smaltire gli arretrati e mettere i giudici in condizione di garantire l’ordinario».

«Il vero tema – aggiunge Minieri – è l’insufficienza del sistema. Gli organici di cancellieri e magistrati sono inadeguati a fronteggiare il numero di istanze e di udienze. A Napoli un cancelliere, oltre al suo lavoro, deve anche scavare tra i fascicoli, prendere le carte e portarle fisicamente al magistrato. Tutto questo inevitabilmente rallenta il lavoro». Le norme anti-Covid, inoltre, hanno limitato l’accesso degli avvocati in Tribunale. «Anche questo – conclude – rallenta le procedure. Perché la collaborazione degli avvocati con gli uffici è e resta assolutamente fondamentale».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).