Il ministro degli Esteri
Di Maio l’irriconoscibile: “Draghi non ha suggerito la scissione del M5s, qualcuno cerca pretesto per incidente”
Luigi Di Maio rilascia la prima intervista dopo la scissione che ha spaccato il Movimento 5 Stelle. Il suo Insieme per il Futuro parte, secondo il sondaggio i Nando Pagnoncelli, da un 2,3% nelle intenzioni di voto. “In questo progetto non c’è spazio per sovranismi, populismi ed estremismi”, dice il ministro degli Esteri a Il Corriere della Sera. Irriconoscibile rispetto al leader del M5s che alle ultime politiche conquistò il 33% con tutte altre argomentazioni. Loda il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (ne aveva chiesto l’impeachment); ribatte agli ex sodali Grillo, Fico e Di Battista; cita quella crisi del Papeete dell’ex alleato di governo Salvini.
Soprattutto teme “che qualcuno stia solo cercando il pretesto per generare l’incidente di percorso. Sarebbe grave, perché premeditare un incidente per andare al voto anticipato significa non comprendere che siamo davanti a una situazione emergenziale”. E il riferimento è al leader del M5s Giuseppe Conte che domani incontrerà il premier Mario Draghi dopo le tensioni della settimana scorsa. Senza mezzi termini Di Maio nega che sia stato il Presidente del Consiglio a suggerire la scissione.
“Per carità, facciamo i seri. Non si cerchino scuse per tirarsi fuori. Serve il sostegno di tutti, il governo va rafforzato sempre di più”. Perché “andare al voto adesso significa bruciare i fondi del Pnrr e rischiare di andare in esercizio provvisorio perché non potremmo approvare la legge di bilancio. Invece di trasformare questa fase in un momento di ripresa, porteremmo il Paese nel baratro”.
Le cause dello strappo, invece: “Dopo aver tollerato in silenzio per mesi, io e oltre 60 colleghi e amici abbiamo dovuto prendere le distanze da chi ci stava portando dalla parte sbagliata della storia. Da chi voleva portare l’Italia su posizioni anti-Nato, da chi è troppo ambiguo sul sostegno all’Ucraina, da chi è rimasto in silenzio invece di prendere le distanze dall’endorsement di Mosca”. È “uno spettacolo indecoroso” che “mentre il governo lavora per ritrovare la pace in Ucraina e stanzia i fondi del Pnrr, ci sono forze politiche che litigano solo per la loro crisi di consensi”.
Porte aperte al Grande Centro invece, quello che sui giornali in questi giorni è stato rilanciato e smentito ripetutamente, in vista delle politiche dell’anno prossimo, con dentro Sala, Renzi, Calenda, Carfagna, Toti. “Non esiste ‘io’, ma ‘noi’, Insieme possiamo fare qualcosa di innovativo”. Ipf, garantisce, è un progetto che si allargherà alla società civile, a sindaci e amministratori locali, un percorso lungo e ambizioso con convention, “innovativo”, che già in questa fase esprime “entusiasmo” sui territori, con i gruppi parlamentari che “saranno in ogni caso i garanti della stabilità dell’esecutivo”. In Europa Ipf viene dato in entrata nel gruppo Renew, quello del Presidente francese Emmanuel Macron – altra giravolta, dopo l’appoggio ai Gilet Gialli.
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