Anch’io ho gridato gol! come quando scatta la gioia liberatoria, la palla in rete, la notizia in rete, l’enigma della Sfinge finalmente risolto: Draghi ha detto di non essere indispensabile e dunque amovibile, pronto per essere impacchettato per il Quirinale e pronto anche a insediare un suo successore primo ministro che difatti avrebbe, avrà, un tutore sulla sua testa, sempre lui, Draghi. Ma poi ho visto e rivisto quei frames della conferenza stampa e mi sono messo con i piedi nelle sue scarpe e come molti ho modificato il giudizio. Il gol era poco chiaro, la moviola confonde, sembra che sia annullato, sì, infatti è annullato.

Perché? È ovvio che Draghi ha pesato le parole già calibrate al millimetro per rispondere all’unica vera domanda che chiedeva l’unica vera risposta. E la risposta è stata non quella di una autocandidatura, almeno in prima battuta, ma un “libera me domine”, allontana da me l’amaro calice, io non ci casco in questa partita dei sacrifici umani, non contate su di me. Proviamo a distinguere fra realtà e realtà percepita. La realtà percepita è quella per cui in Italia esiste solo Draghi, sa fare tutto lui, magari ne avessimo clonati cento, guarda come è bello, come parla inglese (l’impagabile battuta rivolta al giornalista anglofono che ha rinunciato a fare la domanda in inglese e lui che risponde con un “Evvài” romanissimo), come parla l’italiano, quanto ne sa di finanza e di bon ton, e poi come lo amano e rispettano i grandi nel mondo. Risultato di tale percezione: e noi? Chi siamo? I figli della serva?

Allora la politica è soltanto una messinscena e un piccolo blablabla di sottofondo? E la corsa al Quirinale già determinata e anche la riforma costituzionale perché senza bisogno di far alcunché di fatto passeremmo alla repubblica semipresidenziale alla francese per cui si sa benissimo chi siede all’Eliseo (Quirinale) ma chi si ricorda di quel poveraccio di primo ministro che siede al Matignon? No, non si può fare. È una trappola e Draghi da tempo l’aveva fiutata e si era posto il problema di come mettersi anche di fronte a Berlusconi, il primo dei suoi dante causa, tagliandogli la strada nell’ipotesi che il centrodestra almeno in prima battuta voglia votare per il fondatore di Forza Italia, il quale ha già deciso di scrollarsi di dosso Meloni e Salvini se alla fine della fiera lo tradiranno dopo aver fatto finta di candidarlo.

A questo punto, di fronte al panorama della inevitabile spaccatura in Parlamento non più risanabile dopo la sua elezione, o forse malamente incollata come i cocci del vecchio caso cinese solo per dare respiro ai peones che aspettano la pensione parlamentare, Draghi avrebbe concepito il discorso astutamente interpretabile come autocandidatura e che quindi – care compagne e compagni – dopo attento e approfondito dibattito in tutte le sezioni, va corretto e riletto così: “Io – Mario Draghi – non sono scemo. Se cado preda delle tifoserie (compresa quella dei giornalisti parlamentari in delirio per lui come se fosse il Maradona dalla politica) finisco in padella fritto dorato. Io non devo candidarmi. Ma devo dire che non sono un fenomeno, l’uomo solo al comando, l’uomo della provvidenza, ma tutto il contrario.

Devo fare uno sperticato elogio sovietico della solidità del Comitato centrale, ovvero del Parlamento più bislacco e raffazzonato, insieme alla più bislacca e raffazzonata maggioranza di governo, e dire che sono tutti bellissimi, meravigliosi, interscambiabili come pezzi del Lego: ah, ad averceli, questi partiti! Ah, il senso di responsabilità collettiva! Ah, che magnifico Paese, che belle istituzioni solide e salde, e chi sono io per pretendere di essere l’unico essere sia umano che disumano o super umano che può governare ? Ma al contrario! Tutti possono governare il Paese! Tutto il Parlamento deve stare unito come nella gita scolastica di cui vedansi le foto in allegato e tutti devono essere orgogliosi di bla-bla-blabla… L’attuale presidente Mattarella? Ah, che splendido nonno, dolce come un panettone. E io? Non sono anche io un dolce nonno? Nonno, perché hai quella faccia da impassibile robot carnivoro? Ma per mangiarti meglio, nipotina mia, Repubblica che mi è stata affidata dalla “table ronde” di Bruxelles dove ho giurato come Cavaliere del Sacro Graal o quel che è dunque, deve aver pensato il Drago, a me con questa retorica dell’unico uomo su cui ognuno fa i sui calcoli personali, non mi fregate.

Voi da me avrete soltanto parole di oro colato istituzionale, viva le istituzioni, viva l’anonima complessità di una Repubblica ormai allo sbando cui ho ridato modestamente vita e speranza, ma senza confessarlo mai nemmeno sotto tortura. Glielo avevano raccomandato in tanti: mai dire “io”, ma sempre “noi”, mai rivendicare per se stesso, ma per la magica squadra Parlamento-forze politiche (non si dice più partiti ma forze politiche sennò i grillini s’incazzano) e fingere che sto parlando di un Paese immaginario ma corrispondente a tutte le forme richieste come Green Pass della politica. Risultato: il Drago ha lanciato in segno di saluto una fiammata dal suo alito alla menta ed è rientrato nelle viscere dei suoi palazzi sotterranei, lasciando fuori folle scioccamente esultanti che hanno preso fischi per fiaschi. Lui non si è candidato al Quirinale, ma all’immortalità, pronto a tornarsene alla Certosa da cui lo hanno distratto, pronto a rilasciare pagelle di soli dieci e lode a tutti perché, grazie a Dio siamo tutti uniti e nessuno è indispensabile, quando invece si vede benissimo che era il contrario.

Conclusione: Draghi si è blindato contro ogni intrusione nella sua sovranità decisionale cedendone formalmente il potere e l’esercizio alla collettività della politica ed è poi pronto a tutto: ricevere, donare, farsi eleggere, restare, tutto fuorché un cammino ipotecato e comunque alla fine eterodiretto come diventerebbe presentandosi come candidato unico per raccogliere una patata bollente e immangiabile. In prima battuta tutti ci sono cascati, anche noi, ma poi il sospetto si è insinuato: e se ci avesse amabilmente fregato tutti facendoci vedere una scena teatrale immaginaria per continuare ad esserne il regista non visto, insospettabile e candido come Bruto, che è sempre e comunque uomo d’onore?

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.