Mario Viscito è stato il primo, Raffaele Cutolo l’ha ucciso con le proprie mani, quarant’anni in due, entrambi ventenni. Mario commise l’errore di apprezzare a voce alta le fattezze di Rosetta, la sorella di Raffaele. Dopo, i tribunali raccontano, i morti da attribuire a Cutolo sono centinaia, forse mille e più. E chissà se prima di quel momento, senza quel momento sulla strada di Ottaviano, il destino avrebbe potuto prendere un altro corso, se i fantasmi del Professore avrebbero potuto continuare a calpestare la terra, ad essere, molti, ancora sulla terra.

È andata così, invece, le vittime di Cutolo si sono trasformate in fantasmi, si sono infilate insieme a lui in un viaggio infernale attraverso 57 anni di galera, follia, sangue: tutta una vita, forse una lunghissima morte, trascorsa dietro le sbarre, continuando a produrre pazzia e lutti. Più di un filosofo sostiene che il potere sia una delle più pericolose forme di malattia mentale, che il Re più buono abbia sangue e sangue, spesso innocente, sulla coscienza, qualche cantante sostiene che non esistano i poteri buoni. Cutolo è stato folle e potente. Come per tanti sovrani il suo trono di sangue se lo è conquistato con la forza, lo ha mantenuto col terrore, e come per molti potenti, il suo potere non aveva legittimazione legale.

Ma la Nco e lui, fra le mafie e i mafiosi, sono stati gli unici a portare un attacco vero allo Stato, a farsi forza contrapposta, alternativa, in questo senso folle, o’ Professore è stato l’ultimo sovrano meridionale: ha messo sotto i piedi la camorra in senso classico, il guappismo evoluto in famiglie mafiose. Ha costruito un esercito di derelitti che per uno spazio brevissimo ha dominato, costringendo tutti, perfino il terrorismo, a scendere a patti con lui. Questo, più che il mare di sangue di cui è stato responsabile, gli ha costruito contro un muro spietato che gli ha soffiato addosso fino alla morte; che tira un sospiro di sollievo: don Raffaele se n’è andato, coi suoi morti, con la sua follia, con i suoi segreti e col suo regno macabro. Di lui hanno avuto pietà in pochi, le sue donne soprattutto: Rosetta, la sorella; Immacolata, la moglie; le sue figlie. E alla fine a nutrire il suo dolore, che con buona pace dei giusti anche i cattivissimi ce lo hanno un proprio dolore, sono state, impietose, le sue vittime.

I fantasmi hanno tenuto vivo Raffaele nei suoi 57 anni di morte terrena. I fantasmi si sono attaccati al suo capezzale: hanno ascoltato i suoi deliri, gli hanno sentito declamare le poesie, ostinatamente delicate, obbligatoriamente pompose. I fantasmi lo sapevano quanto davvero fingesse, quanto davvero fosse malato: gli ingarbugliamenti della sua mente glieli contavano sui giri infiniti della sua unghia al dito mignolo; le balbuzie gliele leggevano negli biascichi di lingua, lo aiutavano di tanto in tanto a riconoscere le persone, a ricordare qualche fatto. Sono stati i fantasmi a suggerirgli le risposte da dare ai periti e ai giudici: è stata la loro vendetta di vittime.

Così lo Stato ha potuto stabilire che era lucido e sano. Che ci avrebbe messo un attimo a riprendersi il suo trono nero. Ora tutti possono essere tranquilli: l’usurpatore ha terminato di fingere, sarà in luoghi meno ameni a continuare la recita. In questa Italia, salva dal mostro, può imperare ancora la dittature delle vittime, fra quelle vere e dolorose, e quelle che si prendono le ingiustizie altrui per il proseguimento di un potere che è quello di qualche canzone.

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E' uno scrittore italiano, autore di Anime nere libro da cui è stato tratto l'omonimo film.