La popolarità che ha accompagnato il governo italiano e il primo ministro Conte nella fase 1 della pandemia, che potrà mutare quando si distribuiranno le risorse che l’Ue ci assegna, non trova riscontro al di là delle Alpi, dove il governo francese ed il capo dello stato Emmanuel Macron fanno figura di ultimi della classe in Europa. Le Monde del 5 maggio (che considera solo i soddisfatti, senza gradazioni) pubblicava il sondaggio, di cui riprendiamo qui un grafico, circa la percentuale delle persone soddisfatte dall’operato del governo a proposito del corona virus: Un sondaggio più recente (24 aprile) affermava: «Con 61% di opinioni negative (+2) circa il Presidente della Repubblica e 58% (+3) per il Primo ministro in base ad una indagine di BVA per la RTL (una importante stazione radio) e Orange (la maggiore azienda di telecomunicazioni in Francia) i due vertici dell’esecutivo, dopo il momento favorevole di marzo, ritrovano il livello di debole popolarità successivo all’estate del 2019».

Se si tiene conto del fatto che il governo francese ha messo in atto per l’essenziale le stesse misure dell’Italia di contrasto al virus e si è trovato all’inizio dello scoppio dell’epidemia in una condizione di impreparazione simile alla nostra, che il numero dei morti è minore, anche se di poco, che in Italia il prezzo in vite dei medici e degli operatori sanitari è stato molto più alto che in terra di Francia, bisogna provare a capire, aiutandoci con l’analisi comparata, le ragioni di questa divergenza da parte della Quinta Repubblica rispetto alla reazione dell’opinione Italiana. Non è sufficiente far riferimento alla “natura” ribelle e protestataria dei francesi. Ci sembra che vi siano ragioni che possiamo chiamare strutturali e che discendono dalla differenza fra i due sistemi costituzionali, dalle loro culture politiche e dalla specificità del Primo ministro Conte e del Presidente francese Macron, che più del suo primo ministro Eduard Philippe, ha concentrato su di sé lo scontento popolare. Conte, come abbiamo osservato nella prima parte, è un primo ministro a-politico, senza passato militante.

Non solo non appartiene ad alcun partito, come tiene lui stesso a sottolineare, ma è anche ben visto in modo praticamente eguale dagli elettori del Pd e del M5S. Inoltre, ha governato con la Lega prima e ora con il Pd. Si potrà giudicare questa scelta (o questa opportunità) come si vuole, ma in certo senso essa conferma la sua a-partiticità. Ben diverso il profilo di Emmanuel Macron. Già importante ministro dell’economia durante la presidenza di François Hollande è entrato direttamente et con un suo partito (La République en marche) nell’arena della competizione politica in occasione delle elezioni presidenziali, che ha vinto su una piattaforma politica riformista di centro che non trovava il consenso di molti che lo hanno votato al secondo turno delle elezioni presidenziali del 2017 – un punto sul quale torniamo fra poco. Macron è stato eletto ed è diventato un politico di parte, a differenza di Conte che è un primo ministro post-partiti. Quanto alla cultura politica, mentre in Italia intellettuali di sinistra hanno firmato una petizione a favore di Conte, in Francia dove pure non vi è più un partito di sinistra (riformista) esiste invece paradossalmente una cultura, diffusa in quasi tutto l’arco politico, inclusa la destra, di ostilità nei confronti di quello che in Francia si chiama néo-liberalisme, cioè economia di mercato. Macron da questo punto di vista è fuori del coro e viene comunque percepito in tal modo dall’opinione pubblica. Un sondaggio dell’Ifop del 9 gennaio 2018 conferma un dato noto da tempo: «Solo il 14% dei francesi ritengono che l’economia di mercato e il capitalismo siano un sistema che funziona relativamente bene».

Si consideri infine che il sistema costituzionale francese scelto da De Gaulle nel 1962, quando con un referendum impose l’elezione diretta del Capo dello stato, richiede in genere un secondo turno per l’elezione del presidente – poiché è poco verosimile che un candidato ottenga la maggioranza assoluta al primo turno – e infatti non è mai accaduto dalla prima elezione popolare nel 1965. Gli elettori sono dunque chiamati al secondo turno ad esprimere la loro “seconda preferenza”. Finché la competizione è stata fra un candidato di destra ed uno di sinistra (con l’eccezione del 2002 quando la competizione ebbe luogo fra Jacques Chirac e Jean Marie Le Pen), la seconda preferenza era sostanzialmente accettata dagli elettori, per l’affinità relativa con il candidato da sostenere. Il meccanismo ha però cominciato ad incepparsi con l’elezione di François Hollande, poiché il Partito Socialista si è spaccato sulla politica riformista del presidente paralizzandone la presidenza e bruciando ogni possibilità della sua rielezione e addirittura della sua candidatura. Macron ha rotto con la sua scelta esplicitamente centrista la secolare opposizione francese fra destra e sinistra. Dopo essere arrivato al primo turno con il 24,01 % ha ottenuto al secondo, contro Marine Le Pen, un sostegno popolare molto ampio: 66,10 %.

Ma le seconde preferenze che lo hanno portato all’Eliseo erano piuttosto un voto contro la destra radicale e sovranista che un voto favorevole al candidato che rifiutava la dicotomia sacrosanta della storia francese destra/sinistra.Infatti, non appena il presidente eletto ha cominciato a mettere in opera il suo programma il consenso ottenuto alle elezioni si è incrinato e, prima con le manifestazioni dei gilets jaunes poi con lo sciopero dei trasporti che ha paralizzato il paese durante i mesi invernali, la popolarità del presidente ha cominciato a declinare. Essa era vicina al valore ottenuto al primo turno quando la Francia un po’ dopo l’Italia è stata investita dal virus micidiale che ha paralizzato i due paesi. All’inizio della pandemia la popolarità di Macron ha avuto un balzo in avanti, ma di breve durata. Spesso con pretesti curiosi il presidente ed il governo sono stati attaccati dai media che ne hanno fatto l’ultimo della classe europea, in fin dei conti, per ragioni che hanno solo marginalmente a che fare con la gestione dell’emergenza sanitaria, gestione come abbiamo accennato molto simile a quella italiana.

La seconda preferenza, assegnata obtorto collo a Macron da coloro che pur non essendo affatto d’accordo con il suo programma non hanno voluto scegliere l’estrema destra e non si sono astenuti, si è rivelata nell’ultimo anno e mezzo un voto contro Macron. Giuseppe Conte non aveva né una posizione né un programma politico quando dal suo studio di avvocato è passato a Palazzo Chigi e vi è rimasto a maggioranze parlamentari invertite. I prossimi mesi diranno chi sopravviverà meglio nella competizione per restare alla guida della vita politica dei due paesi. Nonostante il presente, nulla è sicuro per il domani quando ci saranno le prossime elezioni. Sappiamo per certo quando avranno luogo in Francia, un po’meno per quanto riguarda l’Italia.