L'analisi
Conte canta vittoria ma sale sul carro di Merkel e Macron
Una recente indagine della Confindustria su di un campione rappresentativo ha rilevato che l’uso dello smart working è accolto con favore dai lavoratori e li lega di più all’azienda, rispetto a quanti prestano la loro opera con le modalità tradizionali. Pertanto, anche la produttività del lavoro migliora. Si vede che lo smart working funziona anche nelle relazioni tra i governi dei Paesi dell’Unione, perché il vertice del 23 aprile si è concluso in modo positivo.
Chi ha vinto e chi ha perso? Ha vinto l’Europa (con annesso l’euro). Oddio! Alla fine nessuno ha visto sorgere il sole di Austerlitz, ma in questi frangenti bisogna accontentarsi anche di un’alba nascosta nella nebbia.
Per continuare nella metafora potremmo dire che la vittoria è consistita nell’aver respinto l’attacco proditorio di un acerrimo nemico concentrato sul lato più debole del fronte unionista: l’Italia. Non è un caso infatti che l’adesione al Mes è divenuta un terreno di scontro politico molto aspro solo da noi, mentre negli altri Paesi non sembrano esservi problemi, tanto più che quelli che, in passato, si sono avvalsi dell’intervento del fondo salva Stati, ne sono usciti risanati e in ripresa (al punto di cavarsela meglio di noi persino nella gestione dell’epidemia). Ovviamente anche Giuseppe(i) Conte può rivendicare di essere nella squadra dei winners.
Anzi, di aver vinto una battaglia tutta sua: il Consiglio europeo ha dato mandato alla Commissione Ue di dettagliare la creazione di un fondo di ripresa dopo la crisi Covid-19 legato al bilancio pluriennale europeo (che prima o poi dovrà essere approvato). Conte si può vendere questa decisione come se, per merito suo, si aprisse la prospettiva degli eurobond, quei titoli sarchiaponeschi che il premier aveva escogitato (recuperando dagli archivi un’idea di Giulio Tremonti) per consentire agli alleati pentastellati di “dismettere” la faccia feroce sul Mes. Diciamoci la verità. I veri vincitori della partita – siamo solo a metà del primo tempo – sono Emmanuel Macron e Angela Merkel, i quali hanno mediato con i governi del Nord Europa per “non perdere” l’Italia (ovvero per evitare che il nostro Paese coltivasse sino alla fine le sue pulsioni masochistiche).
E per ottenere questo risultato occorreva salvare la faccia a Conte. C’è da ritenere che la mediazione sarà portata avanti con successo nel secondo semestre dell’anno, quando la presidenza dell’Unione toccherà alla Germania e quindi a Mutti Merkel. I sovranisti di casa nostra hanno portato avanti una linea non solo irresponsabile, ma sordida e disonesta. Il pacchetto proposto dalle istituzioni europee è troppo importante per non aderirvi. E troppo strumentali sono le critiche alle cosiddette condizionalità previste dal Mes. Innanzi tutto, perché nessun governo è obbligato a chiedere il prestito a un fondo costituito con le risorse di una comunità (l’Italia è sempre riuscita, almeno negli ultimi anni, a evitarlo). In secondo luogo, non sta né in cielo né in terra che un Paese che chiede un prestito (peraltro con un tasso agevolato e a lunga scadenza) non debba essere trattato come il rag. Mario Rossi che si reca in banca a chiedere un mutuo.
Perché allora tutta questa pantomima di Matteo Salvini con, al seguito, il patriottismo de noantri di Giorgia Meloni? La spiegazione l’ha data Lorenzo Bini Smaghi in un articolo su Il Foglio: il disegno dei sovranisti nostrani non è più quello di uscire dalla comunità europea, ma di essere cacciati: «Una via alternativa per conseguire l’uscita dell’Italia dall’euro – ha scritto l’economista – è quella di rendere l’evento inevitabile, facendosi buttare fuori oppure eliminando qualsiasi meccanismo di difesa, come il Mes. Senza il Mes – prosegue – ossia senza la possibilità di usufruire di prestiti a bassi tassi d’interesse, condizionati a politiche di risanamento, non ci sarebbe modo di evitare l’uscita dell’Italia dall’euro». Sarebbe folle rinunciare – tra l’altre misure previste – all’ombrello protettivo della Bce per un valore di 220 miliardi per il 2020.
E per mantenere la copertura della Bce (che acquisterà i titoli di Stato non pro quota, ma sulla base delle difficoltà di ogni Paese) non si può uscire dall’euro. E senza aderire al Mes, non è consentito accedere agli Omt. È importante sottolineare che per questa tipologia di prestito non esistono paletti predefiniti: il programma di rientro viene valutato caso per caso e l’erogazione non ha limiti. L’acquisto dei nostri titoli di Stato da parte dell’Istituto di Francoforte consente di contenere l’ammontare del servizio del debito che è destinato a crescere per via dell’incremento dello spread. Il problema di Conte sta tutto sul piano interno.
Riuscirà a portare la sua sgangherata maggioranza ad un “ravvedimento operoso”? Ovviamente, la questione del Mes è usata strumentalmente anche nel dibattito interno al M5s. Le scissioni devono sempre avere un motivo nobile, legato a dei principi. Se non ci sono bisogna inventarli. Intanto Silvio Berlusconi sta dimostrando di essere ancora attento e lucido. Dichiarandosi “europeista e patriota” ha lanciato una Opa sulla maggioranza. E lo ha fatto nel momento in cui è il Paese ad aver bisogno del suo aiuto.
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