Pacifismo e interventismo: il dibattito dopato
Il pacifismo peloso di politici, estremisti e no vax fan di Putin e l’ambiguità di Salvini e Berlusconi

Francamente tutta la discussione in corso in Italia sul pacifismo, sulla resa, sull’invio o meno di armi alla resistenza ucraina ci sembra assai singolare e atipica, per cui torniamo su di essa, su alcuni aspetti storici e anche su alcuni aspetti politici molto attuali. In primo luogo per ciò che riguarda la storia, il pacifismo, anzi per metterla su un piano medio ideologico il neutralismo, possono essere positivi e condivisibili rispetto a una specifica situazione e del tutto negativi e sbagliati rispetto a un’altra. Il neutralismo era del tutto condivisibile rispetto alla guerra del 1915-18, quello che il papa Benedetto XV ha chiamato l’inutile strage. Allora erano in campo ben tre neutralismi: quello socialista – da Turati ai massimalisti -, quello cattolico – Don Sturzo – e quello liberale – Giolitti- che erano largamente maggioritari nel Paese per cui ci fu un sostanziale colpo di mano che portò l’Italia ad abbandonare la sua neutralità e a buttarsi a capofitto nella guerra in alleanza con la Francia e l’Inghilterra.
Ci fosse però qualcuno che vuole evocare il pacifismo o il neutralismo, il rifiuto dell’uso delle armi rispetto alla seconda guerra mondiale, anche in quella occasione per una fase ci fu un “pacifismo peloso” e fu quello molto esplicito e reale del Pcf, quello più dichiarato che praticato a causa della sua inesistenza politica dello stesso Pci, quando era vincente il patto Ribbentrop Molotov: fino al 1941 il Pcf fu neutralista e pacifista, poi, per dirla in termini politicamente scorretti, noi dobbiamo a Hitler e alla sua decisione di rompere la alleanza con Stalin e di porre in essere l’operazione Barbarossa se nel 1941 l’Urss fu restituita allo schieramento anti nazista e anti fascista. Ricordiamo tutto ciò perché nella materia a nostro avviso non esiste nessun precostituito schema ideologico a prescindere dalla concreta situazione esistente sul campo. Allora, anche rispetto alla presa di posizione, certamente del tutto al di fuori e al di sopra delle parti, espressa oggi da papa Francesco a proposito della intenzione dei Paesi della Nato di arrivare a un 2 per cento di spese militari, non possiamo fare a meno di osservare due cose: non ci risultano analoghe prese di posizioni da parte pontificia a proposito dell’andamento delle spese militari della Russia e della Cina, che certamente hanno avuto un andamento del tutto superiore alla cifra del 2 per cento.
In secondo luogo questa tematica non nasce a freddo ma in un momento assai particolare e drammatico del quadro internazionale dal quale nessuno, neanche il pontefice, può prescindere. O meglio, potrebbe prescindere solo con un assoluto salto di qualità quale sarebbe la sua visita a Kiev. Allora, non possiamo fare a meno di operare una netta distinzione fra chi oggi è per il pacifismo assoluto con il conseguente rifiuto delle armi agli ucraini e addirittura la richiesta di resa da parte di costoro fatto da persone del tutto in buona fede, con chi invece non lo è affatto e anzi è per Putin per una serie di ragioni. È per Putin il professor Canfora perché, a nostro avviso, sbagliando completamente analisi, essendo da sempre un rigoroso e ferreo stalinista, allora ritiene che Putin essendo russo, usando le armi e usandole non solo contro gli Ucraini ma in effetti contro la Nato, gli Usa, l’Unione Europea nella sostanza rientra in quello storico retroterra politico culturale per il quale egli è da sempre schierato. Però a nostro avviso il professor Canfora sbaglia analisi perché Putin in effetti è un dittatore nazionalista di destra portatore di istanze territoriali e politiche di tipo predatorio come testimonia anche il fatto che i suoi riferimenti culturali ruotano intorno alle tematiche proposte da Alexander Dugin a proposito del sovranismo, della grande Russia con riferimenti a Pietro Il Grande, Ivan Il Terribile e a Stalin, non come leader comunista, ma come il padre della patria che ha guidato l’Urss alla vittoria nella Seconda guerra mondiale e poi alle conquiste territoriali dirette e indirette conseguenti a Yalta.
A parte il professor Canfora, che comunque ha una sua linearità storico-culturale, c’è un reticolo di estrema destra, di estrema sinistra e di no vax che attraverso mille canali del web si riconosce in Putin e “nel sistema Putin”. Qui veniamo a un aspetto fondamentale del problema. Putin ha dato vita non solo ad una autocrazia, ma anche ad una cleptocrazia con oligarchi che, con il suo consenso, si sono impadroniti di una parte delle risorse dello Stato e con una catena di business e di tangenti che ha coinvolto leader politici, partiti, correnti, manager, ambasciate, e imprese dell’Occidente. Costoro sono stati messi in imbarazzo e in difficoltà in seguito all’estremismo dell’intervento militare posto in essere da Putin e poi dall’inattesa resistenza del popolo, dell’esercito ucraino e del leader Zelensky. Adesso, però, per fare comunque da sponda al loro leader di riferimento in difficoltà senza troppo sporcarsi le mani, la “catena Putin” riemerge nei termini di un pacifismo peloso che arriva fino a sostenere quella tesi della resa che risolverebbe tutti i problemi che in modo inatteso Putin si è trovato davanti in seguito all’imprevedibile resistenza del popolo e dell’esercito ucraino.
Sin qui anche un pullulare di iniziative le quali in modo singolare, avvalendosi di siti e hacker originariamente no vax adesso cavalcano il filo puntinismo. Ciò detto veniamo a coloro che sull’argomento tengono la posizione pacifista fino alla tesi della resa essendo in perfetta buonafede e non coinvolti nel sistema Putin. Rispetto a queste posizioni riteniamo condivisibile anche nelle virgole l’intervista che Sergio Cofferati ha reso al Corriere della Sera. Ne riportiamo tre punti essenziali: «L’equidistanza viene giustificata con argomenti assurdi. Perché questa guerra terribile termini come tutti vogliamo bisogna evitare i Russi si impadroniscano della Ucraina. Anche l’efficacia delle sanzioni viene rafforzata se in parallelo si aiuta la resistenza ucraina, guardando al comune passato, quello dei nostri genitori e dei nostri nonni, non si può non arrivare alla conclusione che liberta è democrazia vanno difese a tutti i costi. Una idea della resa è priva di senso. Così finirebbero la democrazia e la libertà, una eventualità da scongiurare. Che sinistra è una sinistra che non è solidale con un popolo aggredito e che non cerca di aiutarlo in tutti i modi? Peraltro non è affatto detto che se cedessero su questi diritti – la democrazia e la libertà – gli ucraini avrebbero salva la vita. Se non sei d’accordo, se sei un dissidente ti privano anche della vita o quanto meno te la rendono molto difficile».
Queste limpide parole sono ancora più valide se confrontate con quello che stanno facendo adesso i Russi in Ucraina e anche rispetto alle ambiguità che in Italia stanno emergendo da parte di Conte e di Salvini. Quello che stanno facendo i Russi in Ucraina grida vendetta al cospetto di dio e proprio gli autentici pacifisti non possono non condannarlo nel modo più deciso. I Russi vorrebbero asfaltare tutta l’Ucraina e poi, come hanno fatto in Cecenia, metterla nelle mani di qualche leader fantoccio alla Lukashenko. Quindi è proprio vero che gli Ucraini stanno combattendo non solo per se stessi ma per l’Europa. Qualora gli Ucraini non avessero resistito e si fosse ripetuto il bis della Crimea, adesso Putin si sentirebbe in grado di fare un passo ulteriore e investire la Moldavia e i Paesi Baltici ritenendo che l’Occidente ormai non è più in grado di reagire. A quel punto l’alternativa sarebbe terribile: o l’accettazione di una egemonia russo-cinese di stampo autoritario nel mondo, o la terza guerra mondiale: non si scappa dalla alternativa a suo tempo emblematicamente espressa da Chamberlain da un lato e Churchill dall’altro quando ci si trova davanti ad una dittatura aggressiva, predatoria, pronta a usare qualunque mezzo militare.
In secondo luogo è sempre più evidente che in Italia il binomio Draghi -Mattarella è fondamentale per assicurare all’Italia un ruolo serio e positivo in Europa e nell’Occidente. Va dato atto da un lato a Enrico Letta, dall’altro lato a Giorgia Meloni, indipendentemente dalle collocazioni di maggioranza e opposizione, di aver capito qual è il punto fondamentale della realtà politica oggi in Italia, in Europa e nel mondo. Contro questa strategia emerge la pericolosa ambiguità di forze come quelle espresse da Conte, da Salvini, e dal silenziosissimo Berlusconi (un silenzio che non fa onore a chi ha sempre affermato di essere portatore di una autentica posizione liberale che a onor del vero ha fatto valere nei confronti delle tendenze più negative del giustizialismo alla italiana.
Vorrei sbagliare ma abbiamo l’impressione che in Italia molti nodi stanno venendo al pettine. Nel passato spesso in termini negativi non ci siamo fatti mancare nulla: manca solo adesso che nel momento in cui è in corso nel cuore dell’Europa una terribile guerra di aggressione, oggi contro l’Ucraina domani potenzialmente contro altri, che in Italia si faccia una crisi di governo per via del tendenziale aumento delle spese militari che peraltro il premier Conte aveva sancito firmando una intesa nel 2019.
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