L'idea di un Padre Costituente
“Il Presidente della Repubblica sia eletto dal popolo”, la proposta di Egidio Tosato
Nel momento in cui scrivo (la precisazione temporale è d’obbligo) è appena giunta la notizia dell’insuccesso della candidatura della Presidente Casellati. Il fatto imprime oggettivamente un incremento di drammaticità alla situazione già molto complessa. A volte, in politica, la drammatizzazione aiuta a trovare delle soluzioni. E i protagonisti sono troppo presi dall’urgenza dell’immediato per riflettere su quanto sta accadendo con il sufficiente distacco. Cosicché potrebbe sembrare molto naïf dedicarsi a riflessioni generali nel momento in cui il dramma si sta ancora compiendo.
Purtroppo però tacere rischia di essere altrettanto grave. Perché la storia, non commendevole, della Repubblica ci insegna che non c’è dramma che basti per indurre le forze politiche a fare queste riflessioni; né prima, né durante, né dopo. È anzi molto probabile prevedere che quando si arriverà finalmente a eleggere il Presidente, qualunque sia il costo che si sarà dovuto pagare in termini di lacerazioni e conflitti, basteranno pochi giorni per dimenticare quanto è successo. È una facile profezia. I precedenti ce lo insegnano: passata la festa, gabbatu lu santo. E allora è bene mettere agli atti qualche riflessione. A futura memoria.
Anche perché i minimizzatori si affretteranno, così come già fanno, a ricordare che i problemi per l’elezione del Capo dello Stato ci sono sempre stati. Dunque niente di nuovo sotto il sole. Peccato però che ricordare il passato, lungi dall’assolvere dal dovere di interrogarsi, conferma in realtà che la questione dell’investitura del capo dello Stato è più che mai attuale. E anche il confronto con il passato lo dimostra. Perché quello che forse era tollerabile in un era geologica fa, oggi è chiaramente inaccettabile. Innanzitutto perché oggi i sistemi politici non possono consentirsi travagli così drammatici. Non possono consentirseli perché le istituzioni hanno bisogno di stabilità quanto e più di prima. Perché i tempi della politica contemporanea sono totalmente diversi. Perché anche le liturgie istituzionali non possono essere più quelle del passato. E possono degenerare in uno spettacolo farsesco.
A ciò si aggiunga che le fibrillazioni del passato si collocavano in una situazione politica certamente instabile, ma nella quale rimaneva una certezza. Quella che ha fatto sopravvivere la prima Repubblica per decenni: l’esistenza di partiti politici strutturati, legittimati, capaci di gestire le divisioni interne assicurando comunque continuità al sistema. Il sistema istituzionale era instabile, ma almeno c’era la funzione sostitutiva dei partiti. Oggi tutto questo non c’è più. E ci ritroviamo con istituzioni incapaci di rendimento e di partiti incapaci di supplire a quelle carenze. Non solo per l’elezione del Presidente, ma anche per la gestione politica ordinaria. Tant’è vero che da un anno abbiamo un governo di emergenza nato sulle ceneri dell’impotenza della politica. E non è certo il primo.
Il problema è che, per l’elezione del capo dello Stato, non c’è un… capo dello Stato che si imponga alle forze politiche e le induca ad un atto di responsabilità. Manca la leva istituzionale che, per il governo è stata assicurata proprio dal ruolo del Presidente. Ma oggi il Presidente è quello da eleggere. Non c’è chi possa imporsi dall’esterno. Inoltre, proprio lo sfilacciamento agonico della politica rende l’elezione a maggioranza paradossalmente ancora più complicata. Le tentazioni di alzare il prezzo crescono a dismisura da parte di chiunque possa essere necessario per raggiungere l’agognato quorum. Non sappiamo come finirà, ma il prossimo Presidente della Repubblica potrebbe essere frutto di soluzioni, se non casuali, quantomeno imprevedibili. Con tutti gli effetti in termini di legittimazione che potrebbero derivarne. Fu anche per evitare questo che un finissimo costituzionalista, membro dell’Assemblea costituente, il democristiano Egidio Tosato, in occasione del dibattito sull’elezione del Presidente della Repubblica fece una proposta che la maggioranza non accolse.
Il ragionamento di Tosato era questo: anche escludendo l’ipotesi presidenzialista – non condivisa dallo stesso Tosato – il Capo dello Stato avrebbe dovuto comunque essere messo al riparo dai condizionamenti delle occasionali maggioranze politiche, proprio per poter svolgere la sua funzione di vigilanza sul buon funzionamento del sistema e di sblocco delle situazioni di crisi. Il capo dello Stato aveva pertanto bisogno di una legittimazione che lo distanziasse dal circuito politico e gli desse un’autorevolezza autonoma. Questo risultato poteva garantirlo, secondo il costituente democristiano, un’elezione a maggioranza dei due terzi, ma non quella a maggioranza assoluta. Egli così proponeva che, dopo le prime tre votazioni del Parlamento, in caso di insuccesso, la parola passasse ai cittadini e il Presidente fosse eletto direttamente dal popolo.
Era una proposta molto creativa, anche lasciando inalterato il quadro della forma di governo parlamentare.
Se quella proposta fosse passata, oggi si svolgerebbe ben altra partita politica e non è detto che il Parlamento, con il deterrente di perdere il comando delle operazioni, non sarebbe stato in grado di trovare un accordo subito.
Chissà cosa direbbero oggi Tosato e gli altri costituenti di fronte allo spettacolo cui stiamo assistendo. E chissà cosa direbbero di fronte alla certezza che, tra qualche giorno, tutti faranno finta di aver dimenticato quello che è successo.
Speriamo che la vicenda si concluda presto. Perché c’è qualcosa di peggio persino dell’agonia cui stiamo assistendo. E cioè, che, dal giorno dopo l’elezione, si tornasse all’oblio. Bisogna che ci si interroghi su cosa fare perché il futuro non sia ogni volta peggiore del passato. La posta in gioco è molto più alta persino dell’elezione di un Presidente.
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