Il governo ha fissato una data molto ravvicinata per il referendum costituzionale. Ha prevalso la convinzione che potrebbe essere un pericolo, per chi vuole ad ogni costo il taglio del parlamento, dare più tempo ad elettrici ed elettori per capire su cosa voteranno il 29 marzo. Del resto tutti i partiti presenti in parlamento, seppure in fasi diverse, hanno votato a favore. Prima la maggioranza giallo verde del governo Conte 1, poi nell’ultimo voto della Camera la nuova maggioranza tra M5s e sinistre. Le sinistre prima avevano votato contro, poi con un brusco cambio di posizione hanno capovolto il voto contrario iniziale. Rendendosi conto dell’enormità del fatto (o ci si era sbagliati prima, o ci si è sbagliati dopo) hanno posto alcune condizioni al voto favorevole al taglio dei parlamentari: altre modifiche alla Costituzione, per ora scomparse nella nebbia, e una nuova legge elettorale, che viene presentata come proporzionale ma che in realtà non lo è perchè prevede di innalzare al 5% la soglia (oggi è al 3%) per eleggere i deputati, ma il risultato sarà in realtà più alto perché peserebbe il 37% di parlamentari in meno.

Naturalmente è la media di Trilussa, in molti casi la soglia reale diventerebbe molto più alta. Comunque anche la nuova legge elettorale è avvolta nella nebbia. Per fortuna la Corte costituzionale, anche ascoltando gli argomenti dei nostri avvocati Besostri e Adami, ha bocciato il referendum truffa della Lega che voleva arrivare ad un maggioritario secco, attraverso trucchi ed artifici. Il 29 marzo quindi si voterà solo sul taglio del parlamento, mediamente il 36,5%, creando così due camere ridotte di oltre un terzo e creando seri problemi al loro funzionamento. Basta leggere il dossier degli uffici studi di Camera e Senato disponibili su Internet per capirlo. Ad esempio dovranno essere cambiati i regolamenti delle camere, che finora hanno richiesto un paio di anni. Perché il taglio del parlamento? Per risparmiare? Il risparmio è lo 0,007 % del bilancio dello stato (ha calcolato Cottarelli), un cappuccino a testa all’anno. Di Maio per cercare, invano, di dimostrare che il risparmio sarebbe molto alto ha dovuto moltiplicare per 10 anni una cifra arrotondata verso l’alto.

Comunque sia il costo non può essere l’argomento per tagliare il parlamento. Il parlamento è diventato il punto centrale di un attacco demagogico contro la casta, dimenticando che il suo ruolo è centrale nella Costituzione e intaccarlo significa metterne in discussione l’equilibrio, aprire uno scenario di ulteriori modifiche. Eppure la Camera dei deputati è stata riconquistata dopo la vittoria sul nazifascismo perché era stata abolita per lasciare spazio ad un organo del regime fascista, dovremmo sempre ricordarlo.

È vero, il parlamento vive una crisi di credibilità presso i cittadini. La risposta non sta nel contribuire ad aggravarla, ma nel rimuoverne le ragioni. In questi anni le leggi elettorali hanno consolidato un parlamento di nominati dai capi. Gli elettori possono scegliere la lista non chi li deve rappresentare. Questo ha creato una prima frattura con gli elettori che non sanno chi entrerà in parlamento. Anni di uso a raffica di decreti legge da parte dei governi, spesso senza ragioni di urgenza, di voti di fiducia ripetuti, hanno creato una prassi di preponderanza politica del governo sul parlamento fino ad invertire i ruoli.