Il cinquantaseiesimo rapporto del Censis – che ogni anno è uno degli “atti” più significativi della sociologia italiana – ci racconta di una società rassegnata e delusa ma con diverse buone idee. Delusa soprattutto dal fallimento del populismo, che aveva sollevato furiose speranze e si è afflosciato nel nulla. Il Censis descrive un paese che molto rapidamente è transitato dallo spirito guerriero alla fatal quiete.

Parla di epoca post-populista, sebbene i risultati elettorali ancora indichino una prevalenza schiacciante dei partiti della destra populista. Come si spiega questa contraddizione? Probabilmente la contraddizione nasce dalla rassegnazione. La grande maggioranza degli italiani, secondo il Censis, è indignata soprattutto per le diseguaglianze economiche. Quasi il 90 per cento degli intervistati non sopporta l’enormità del gap di reddito che divide i manager dagli impiegati e dagli operai, e non sopporta neppure lo sfoggio di ricchezze (ad esempio l’uso di jet privati). Questa opinione così compatta non spinge però verso la rivolta ma verso la rassegnazione. Quasi il 93 per cento degli italiani si aspetta nuovi picchi di inflazione, e il 76 per cento non prevede aumenti del proprio reddito.

E perciò non è attratto dalla possibilità di salire sull’ascensore sociale, né dall’accesso al lusso o all’eccellenza. Vorrebbe un po’ di serenità, ma non crede di poterla avere. Vive drammaticamente il rischio della guerra mondiale e atomica (circa il 60 per cento teme l’una e l’altra) e naturalmente – come sempre – è preoccupato per l’aumento del crimine. Quest’ultima paura – osserva il Censis – è peraltro del tutto infondata. I reati nell’ultimo decennio sono diminuiti del 25 per cento, gli omicidi del 42 per cento, le rapine e le case svaligiate quasi dimezzate.

L’unico reato in aumento è lo stupro e il femminicidio. Rabbia senza rivolta? Forse. Però ho un ricordo: nel 1967 una grande casa editrice americana preparò un volume che raccoglieva molti saggi sulla nuova generazione. Descritta come imbelle, tranquilla, addormentata. Doveva andare sul mercato nella primavera del 68. Non andò mai in libreria…

Avatar photo

Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.