Gianni Alemanno si sarebbe corrotto da solo. La corte d’appello di Roma ha confermato ieri pomeriggio la sentenza di condanna di primo grado, emessa a febbraio dello scorso anno, a sei anni di reclusione nei confronti dell’ex sindaco di Roma. Alemanno è stato ritenuto responsabile di corruzione e finanziamento illecito nonostante la Cassazione avesse condannato, in via definitiva, i suoi originari coimputati per traffico d’influenza. Il sostituto procuratore generale Pietro Catalani aveva chiesto una condanna a 3 anni.

Il procedimento in questione è uno dei filoni della celeberrima inchiesta “Mafia capitale”, condotta dall’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. La posizione di Alemanno era stata inizialmente stralciata. Caduta l’accusa di associazione mafiosa, era rimasta quella di corruzione. L’ex sindaco di Roma, in particolare, avrebbe percepito da Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa “29 giugno” soldi ed erogazioni per la fondazione “Nuova Italia”, da lui presieduta, per circa 300 mila euro. Buzzi, che agiva in concorso con l’ex nar (la banda armata neofascista) Massimo Carminati, avrebbe pagato per far nominare dirigenti apicali in Ama, la municipalizzata del Comune di Roma che si occupa dello smaltimento dei rifiuti, per pilotare l’appalto per l’organico indetto dalla stessa municipalizzata (in favore delle coop della galassia Buzzi, ndr) e per far sbloccare alcuni crediti che vantava con la pubblica amministrazione, la stessa Ama ed Eur spa.

I giudici della II sezione penale del Tribunale di Roma avevano disposto nei confronti di Alemanno anche la confisca pari all’importo della presunta corruzione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Era stata fissata anche una provvisionale di 50mila euro sia per Ama che per il Comune di Roma. Una condanna molta dura anche in assenza del corruttore. Buzzi, infatti, aveva sempre smentito di aver dato soldi all’ex sindaco. “In tutta la mia vita avrà visto Alemanno quattro o cinque volte”, aveva detto Buzzi, sottolineando di aver “sempre e solo dato tangenti a Franco Panzironi”, l’allora potente amministratore delegato di Ama. All’epoca le cooperative di Buzzi avevano un contenzioso aperto, per mancati pagamenti, con il Comune di Roma per la gestione del verde. Il Campidoglio esternalizzava le attività di manutenzione e potatura delle piante alla cooperative sociali, fra cui quelle di Buzzi. Gli affidamenti venivano dati da Panzironi fin dal 2009.

“Una delle volte che avevo portato i soldi a Panzironi gli chiesi espressamente se fossero per Alemanno. Volevo essere sicuro”, puntualizzò Buzzi. Il motivo della richiesta di Buzzi era semplice: “ Se i soldi erano per Alemanno per quale motivo il Comune di Roma non sbloccava i pagamenti per le mie cooperative?” “Panzironi mi giuro sulle figlie che i soldi non andavano ad Alemanno ma erano per lui”, concluse Buzzi. Senza essere creduto.

Panzironi, a cui non è stata applicata nessuna misura di prevenzione, era anche il segretario della fondazione Nuova Italia e gestiva personalmente la raccolta dei fondi, sia in “chiaro” che in “nero”. Alcuni di questi fondi provenivano anche dalle cooperative di Buzzi. “Non ho mai saputo che i soldi venissero dalle cooperative di Buzzi”, ha dichiarato Alemanno, ricordando che “Panzironi provvedeva a far effettuare i bonifici da altre cooperative non riconducibili alla 29 giugno”. Per il tribunale, invece, Alemanno non poteva non sapere cosa faceva Panzironi.

“Sono sconcertato perchè questa sentenza d’appello pur di condannarmi smentisce una decisione della Cassazione secondo cui i miei coimputati sono stati riconosciuti colpevoli di traffico di influenza”, ha commentato l’ex sindaco.
“A questo punto io sono un corrotto senza corruttore, evidentemente mi sono corrotto da solo. Proclamo la mia innocenza come ho fatto si dal primo giorno. Ricorrerò in Cassazione”, ha quindi concluso Alemanno. “È una grande ingiustizia”, il commento a caldo di Buzzi. Il “corruttore”.