«Bisogna andare a votare per non consegnare Napoli alle sinistre che hanno la responsabilità della disastrosa gestione degli ultimi 30 anni»: Catello Maresca l’ha ribadito ieri, a margine di un incontro elettorale ospitato dalla Fondazione Valenzi. Un appello, quello del sostituto procuratore generale con ambizioni da sindaco, che punta a ricompattare un elettorato andato definitivamente in frantumi dopo la bocciatura di quattro liste della coalizione con cui il centrodestra si prepara ad affrontare le comunali. Al magistrato, però, sembra sfuggire un aspetto: sono anni che al gigantismo politico della sinistra napoletana fa da contraltare il nanismo della destra, con conseguenze devastanti per la città.

Nel corso del tempo, ma soprattutto negli ultimi dieci anni, la presenza del centrodestra in Consiglio comunale così come nel resto della città è stata pressoché impalpabile. Priva di una classe dirigente, quest’area politica è stata costretta ad “aggrapparsi” per ben tre volte di fila a candidati di stampo civico come l’imprenditore Gianni Lettieri, nel 2011 e nel 2016, e, oggi, il pm Maresca. La sua presenza nella Sala dei Baroni non si è quasi mai percepita se non – paradossalmente – quando si è trattato di lanciare un salvagente all’amministrazione arancione di Luigi de Magistris che annaspava nelle acque in tempesta dell’approvazione dei bilanci. Per il resto, zero più zero: niente. Nessuna proposta capace di catalizzare l’interesse dell’opinione pubblica, nessuno spunto di riflessione in grado di rianimare il dibattito cittadino, nessuna leadership riconosciuta attorno alla quale costruire un progetto politico-amministrativo più o meno credibile. Insomma, encefalogramma piatto o giù di lì.

Tutto ciò ha avuto conseguenze di non poco conto sotto il profilo sia amministrativo sia politico. Negli ultimi dieci anni, l’inconsistenza del centrodestra ha spianato la strada a un disastro amministrativo – probabilmente il più grande della storia di Napoli – caratterizzato da un Comune sull’orlo del crac finanziario e da servizi a cittadini e imprese pressoché azzerati. In più, il progressivo arretramento del centrodestra ha di fatto negato l’importante contributo di idee che tanti liberali e moderati, ma anche conservatori ed esponenti della destra sociale, avrebbero potuto dare alla crescita della città. Tutto ciò, dunque, ha fatto doppiamente male a Napoli: da una parte, ha consentito ad amministratori improvvisati come de Magistris e compagni di “scassare” la terza città d’Italia; dall’altra, ha generato una “democrazia zoppa” in cui un’intera area politica che vede un’intera area politica condannata da tempo a una drammatica marginalità.

Ecco perché Maresca e i vari esponenti del centrodestra sono chiamati a una sfida che va ben oltre l’esito del voto di ottobre. E cioè rimediare a decenni di inconcludenza, ambiguità e consociativismo che non solo hanno danneggiato lo stesso centrodestra, ma anche alterato la normale dialettica democratica in città. Ci riusciranno? La diatriba per le candidature nelle Municipalità, il papocchio delle liste e lo strascico di polemiche e accuse reciproche non fanno ben sperare.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.