Non è vero che ‘U Siccu è sempre rimasto nel suo ‘giardino di casa’ di Campobello di Mazara, a pochi chilometri dal feudo di Castelvetrano. I carabinieri del Ros smentiscono il racconto di un boss ‘pantofolaio’: nei suoi trent’anni di latitanza Messina Denaro ha infatti sparso numerose bandierine sul mappamondo, tante quante i viaggi che ha fatto prima della cattura. Dalla Spagna, che visitò già nel ’94 quando era ricercato da appena un anno, ma anche la Calabria, la Tunisia, l’Albania e il Montenegro. I militari stanno ricostruendo la vita del latitante prima che si ammalasse di tumore e decidesse di tornare in Sicilia, ad aiutarli c’è la contabilità che riporta spese fino a 15 mila euro al mese.

Viaggi e lunghe permanenze che come denominatore comune hanno la droga. Un business che, come quello delle scommesse clandestine, è in grado di portare fiumi di soldi liquidi, cioè il tesoro che serviva a mantenere un latitante con un tenore di vita altissimo: si parla di 150 milioni l’anno. Non solo stupefacenti però, ci sarebbe infatti un viaggio in particolare, quello alla clinica Barraquer di Barcellona, effettuata per correggere un problema all’occhio destro nel 1994. Ironia della sorte, si tratta della stessa clinica frequentata da una dei pubblici ministeri che gli ha dato la caccia: Teresa Principato.

In Tunisia viene segnalato nel 2010 quando su una lettera anonima si leggeva: “Caro Matteo, tu che vivi nel caldo tepore dei focolari domestici mazaresi sappi che io ti vedo. Ti vedo fare la spola tra Torretta e la Tunisia con il tuo gommone a forma di pane. Ti vedo in quella farmacia di Mazara lavare via i tuoi malanni. Li vedo poi quei pizzini tuoi, volare, liberi come gabbiani, al Porto Nuovo. E vedo ancora il tuo sguardo preoccupato leggere queste parole”.

Qualche tempo fa una missione dei Ros in Tunisia aveva ravvivato le speranze dei carabinieri sulla cattura. Il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro aveva concentrato i suoi interessi in Africa, e più precisamente in Marocco, a Larache, dove c’è un impianto di lavorazione del pesce fresco. Filippo Guttadauro è cognato di Messina Denaro per aver sposato la sorella Rosalia. Invece nell’azienda che i Guttadauro gestiscono in provincia di Palermo ha lavorato Maria Mesi alias Tecla. Ovvero una delle ultime fiamme conosciute dell’ex latitante, finita di nuovo indagata per favoreggiamento, perché nel giorno della perquisizione in casa sua e del fratello ad Aspra in provincia di Palermo i carabinieri non hanno trovato un telefonino. Lei ha sostenuto di non averlo e di usare il telefono fisso per le comunicazioni. Il sospetto è che invece l’abbia fatto sparire subito dopo la notizia dell’arresto del boss. Anche perché ci sono intercettazioni di contatti tra Mesi e la famiglia Messina Denaro.

Altri viaggi riguardano i quintali di tabacchi lavorati esteri che arrivano in Sicilia dal Nordafrica nascosti tra le casse di pesce trasportate dai pescherecci che attraversano il Canale di Sicilia. In Albania Messina Denaro avrebbe mandato un ambasciatore Luca Bellomo, marito della nipote Lorenza, per poi andare di persona per stringere, dicono gli investigatori, rapporti con esponenti delle istituzioni e dell’imprenditoria. Nell’ultimo viaggio avrebbe fatto anche una puntata in Montenegro per giocare al casinò.

In Calabria, infine, la prima presenza risale al 2017. All’epoca un’intercettazione tra due boss di Partanna cita addirittura per nome “Matteo”, aggiungendo: “Dice che era in Calabria ed è tornato…”. Perché sembra che l’ultimo dei Corleonesi all’epoca stava pianificando incontri con altri esponenti delle cosche. Il motivo non si conosce. Ma nella conversazione viene citata anche “sua sorella” e un bigliettino nel quale “questo scrive cosa ha deciso”.

Nella punta dello Stivale Messina Denaro è sotto indagine con l’accusa di aver assassinato Antonino Scopelliti. Il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione fu ucciso il 9 agosto del 1991 in località ‘Piale’ di Villa San Giovanni mentre faceva rientro a Campo Calabro.

Riccardo Annibali

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