Avrebbero dovuto chiudere il 31 dicembre 2022 le indagini su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come mandanti delle stragi del 1993. E sono passati solo trent’anni. Quindi non c’è fretta, per i pubblici ministeri di Firenze. In fondo questi magistrati arrivano solo quarti, dopo un’ inchiesta in cui gli stessi indagati venivano affettuosamente chiamati “alfa” e “beta”, poi una seconda con “Autore 1” e “Autore 2” e un’altra con soggetti di nome “M” e “MM”.

Tutte archiviate a partire dagli anni novanta e fino al 2020 a Palermo, Caltanissetta e Firenze. I pm Luca Turco e Luca Tescaroli, orbati del loro ex capo Giuseppe Creazzo, che ha preferito navigare in altri lidi dopo esser stato denunciato per molestie da una collega, si esercitano sul tema dal 2017 e, invece di chiudere il fascicolo a fine 2022, stanno ancora cincischiando con un signore di nome Salvatore Baiardo. Un personaggetto che non è un collaboratore di giustizia né un semplice testimone e che ha alle spalle una condanna non solo per favoreggiamento nei confronti di due condannati per strage come i fratelli Graviano, ma anche per calunnia e falso. Il che non è secondario, in questa storia, perché il precedente, insieme al suo dire e non dire e ammiccare, sfottendo magistrati e giornalisti di riferimento (che se lo meritano), pongono pesanti dubbi sulla sua attendibilità.

Lui intanto si diverte. È stato interrogato quattro volte dai pm di Firenze. Che cosa abbia detto pare lo sappiano, oltre ai magistrati, alcuni giornalisti di riferimento delle procure, come alcuni del Fatto, di Repubblica e di Domani. Ma ultimamente il personaggetto è diventato la preda preferita di Massimo Giletti, che lo ha eletto a ospite fisso dopo aver portato a casa lo scoop sulla “previsione” dell’arresto di Matteo Messina Denaro. E lo esibisce con orgoglio ogni domenica sera a Non è l’arena. Lo mette addirittura a confronto con l’ex pm del gruppo “Trattativa” Antonio Ingroia, che cerca di interrogarlo in diretta come se avesse di fronte il portatore di tutti i (presunti, molto presunti) segreti sule stragi di mafia che hanno insanguinato l’Italia negli anni novanta. Solo che in tv il personaggetto non vuole vuotare il sacco e raccontare quel che ha riferito ai pm di Firenze in quattro interrogatori.

Così il direttore del Fatto.it Peter Gomez si arrabbia di brutto e l’altro gli rinfaccia di averlo ospitato a pranzo a casa propria fin dal 2012. Sembrano tutti amici, vecchi compagni di scuola che si danno del tu, usano gli stessi codici quasi sfogliando vecchi album di famiglia e a volte anche litigano, come domenica scorsa. Fa impressione riflettere sul fatto che tutto questo circo Barnum fa da contorno al piatto forte che sono indagini non per marachelle, ma per il reato di strage, aggravato da finalità mafiose, su cui la procura di Firenze deve decidere – avrebbe già dovuto decidere – se chiedere il rinvio a giudizio o la quarta archiviazione nei confronti di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. L’ultima strofa della canzonetta riguarda un tentativo di undici anni fa del personaggetto di contattare colui che allora era il presidente del consiglio. I giornalisti informati dicono che dal vecchio telefonino di Baiardo risulta una telefonata al centralino di Palazzo Chigi. Senza risultato. Mentre pare che miglior fortuna abbia avuto il tentativo di incontro con Paolo Berlusconi, editore del Giornale, che avrebbe ricevuto il questuante proprio nella redazione di via Negri, a Milano. Volevo chiedere un lavoro, dice l’ospite di Giletti in trasmissione, ma non gli crede nessuno.

Vogliono che dica di essere andato a ricattare il premier tramite un messaggio mafioso al fratello. Lasciano intendere che qualcosa di simile il testimone avrebbe fatto mettere a verbale negli interrogatori. Ma ricattare su che cosa? Sulla strage? Se il personaggetto non ha detto nulla di concreto e soprattutto di nuovo rispetto alle tre inchieste già archiviate, il destino della quarta è già segnato. Che importanza ha questo incontro, che Paolo Berlusconi ha escluso sia mai avvenuto, o di cui comunque non ha ricordo? Pare dispongano di memoria ferrea, probabilmente per mestiere, due ex agenti della sua scorta di allora i quali, pur undici anni dopo, hanno testimoniato di ricordare benissimo l’incontro. Leggiamo direttamente dalle veline dei quotidiani di riferimento della procura. Cui in realtà aveva già risposto due anni fa l’avvocato Nicolò Ghedini, dicendo che Paolo Berlusconi escludeva categoricamente di aver mai conosciuto quel signore.

E aveva anche fatto notare qualche particolare incongruente, come per esempio che il 14 febbraio del 2010, la data in cui ci sarebbe stato l’ incontro al Giornale, era domenica, giorno in cui lui non era mai presente in redazione. Incongruenza? Ma basta cambiare la data, un piccolo aggiustamento, ed ecco che il 2010 diventa magicamente 2011. Il personaggetto si era sbagliato. Chissà come mai però i due ex poliziotti della scorta questo particolare non l’hanno notato. Forse perché quell’incontro non era così importante, se non per qualche giornalista “d’inchiesta” e un titolo scandalistico sui “ricatti”.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.