Prima del Covid, a Napoli dilagava un altro virus: quella della “modellite”. Il sintomo più evidente? Presentare se stessi e il proprio operato, appunto, come un modello. Tra i contagiati illustri spiccava e spicca tuttora il sindaco Luigi de Magistris che, in quasi dieci anni alla guida di Palazzo San Giacomo, non ha smesso di magnificare le sorti del “modello Napoli”, come se una città con debito alle stelle, servizi pressoché azzerati e Consiglio comunale governato a colpi di inciuci con l’opposizione possa essere additato come esempio positivo.

Poi è arrivato il Covid, ma la modellite ha continuato a colpire ed è arrivata ai piani alti di Palazzo Santa Lucia, dove il governatore Vincenzo De Luca continua a presentare la Campania come modello di gestione della crisi sanitaria. Mentre per il Covid manca ancora una cura, l’antidoto alla modellite c’è e sono i numeri. Gli stessi numeri che ora condannano tanto il modello Napoli di de Magistris quanto il modello Campania di De Luca. Ieri il Sole 24 Ore ha pubblicato la classifica della vivibilità nelle province italiane e quella di Napoli ha incassato l’ennesima bocciatura: 92esima su 107, undici posizioni più in basso rispetto al 2019. Determinante il Covid che ha travolto l’economia turistica del capoluogo campano e dintorni.

Certo, il 2020 è stato un anno difficile per tutti, anche per un’area metropolitana che tradizionalmente fa rima con efficienza e modernità come quella di Milano, scivolata dal primo a 12esimo posto. Sul risultato di Napoli pesano il carattere monodimensionale dell’economia partenopea, tutta incentrata su quelle piccole strutture ricettive che il Covid ha spazzato via. Pesa anche la scarsa incidenza delle politiche avviate dalla Città metropolitana, visto che sarebbe stato opportuno affrontare i problemi di Napoli «al di fuori dell’ex cintura daziaria», come ha opportunamente osservato l’ex deputato Giuseppe Ossorio sulla scorta della lezione di Francesco Compagna. Ovvio, il Covid non ha determinato il fallimento del modello Napoli di Dema, ma l’ha evidenziato mettendo a nudo la fragilità del sistema economico, l’insufficienza dei servizi, l’incapacità di offrire una visione alternativa di una città che avrebbe invece bisogno di idee e strategie.

Se Atene piange, però, Sparta non ride. Se statistiche e sondaggi smontano il modello Napoli declamato da de Magistris, i fatti sembrano mettere in crisi anche la strategia di gestione della crisi sanitaria messa in campo da De Luca. O, per meglio dire, la narrazione offerta dal governatore. Quando la Campania è stata inserita tra le regioni a rischio moderato di contagio e perciò soggette a misure anti-Covid meno restrittive, lo Sceriffo non ha perso l’occasione per descrivere la Campania come «modello di efficienza amministrativa», quasi come prima della classe. Quando la Campania è finita tra le regioni a rischio alto prima e intermedio poi, con la prospettiva di tornare tra quelle a rischio moderato con diverse settimane di ritardo rispetto alle altre, De Luca ha delegittimato l’algoritmo seguito dal Governo bollandolo come un «marchettificio» e puntando il dito contro altri governatori che, a suo dire, comunicherebbero dati falsi per non finire in zona rossa. Insomma, la modellite è pericolosa. E, tra Palazzo San Giacomo e via Santa Lucia, qualcuno farebbe bene a curarsi.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.