«Occorre costruire una visione di Napoli, realizzare il Piano urbanistico comunale, progettare interventi-pilota per la Città metropolitana e iniziare a occuparsi della manutenzione ordinaria di parchi e strade». Massimo Pica Ciamarra, architetto di fama internazionale riscrive l’elenco delle iniziative che il sindaco Luigi de Magistris vorrebbe avviare o concludere di qui a maggio, quando terminerà il suo secondo mandato.

L’architetto non ha immaginato di realizzare dieci progetti come l’attuale primo cittadino, perché spesso è più saggio limitare gli obiettivi così da poterli raggiungere davvero. E, a malincuore, bisogna ammettere che Dema è più volte balzato agli onori delle cronache per avere fatto l’esatto opposto: tanti annunci, nessun progetto portato a termine. L’ultima figuraccia risale a qualche settimana fa, quando l’amministrazione arancione si è accorta di non avere i soldi per la manutenzione della Galleria Vittoria. Adesso il sindaco è tornato alla carica con una lista di “idee meravigliose” per la città che amministra da dieci anni.

Si tratta di dieci progetti approvati con gli emendamenti al bilancio di previsione 2020-2022: Il completamento della riqualificazione delle Vele di Scampia (già avviato con la demolizione della Vela Verde), la progettazione e la realizzazione del Parco archeologico della metropolitana-linea 1 a piazza Municipio del valore di otto milioni, il restauro del Maschio Angioino, la trasformazione di Castel dell’Ovo come attrattore turistico, il restyling del rione Sanità, il rifacimento delle strade del centro storico, la realizzazione del filobus del Frullone e del parcheggio a Pianura, la pista ciclabile a Corso Umberto, la costruzione del centro di raccolta di viale della Liberazione e varie misure in tema di sport ed eventi. Tutto molto bello, così tanto da sembrare un sogno.

Peccato che i napoletani corrano il rischio di svegliarsi, tra sei mesi, con l’amaro in bocca. Le intenzioni ci sono, i soldi no. Ma forse anche le strategie andrebbero riviste perché, leggendo l’elenco dei “buoni propositi” di Dema, appare chiaro come Napoli abbia invece altre priorità.
«Se si vuol dare un vero e forte segnale di trasformazione – spiega Pica Ciamarra – suggerisco di avviare tre interventi-pilota per la Città metropolitana: in un’area densa e definibile come “storica”, in un’area di recente formazione definibile come “periferica” e in un’area “rada”, servono interventi che diano concretezza e materializzino la logica della “città dei 5 minuti”. In questo modo i nostri territori potranno abbandonare il fondo della classifica nazionale delle città per qualità della vita».

Napoli, infatti, è scivolata di nuovo tra i centri meno vivibili del Paese: è al 92esimo posto nella graduatoria sulla vivibilità delle province italiane stilata pochi giorni fa dal Sole 24 Ore. Ma da cosa bisogna partire per trasformare una città che presenta un’urbanistica risalente agli anni Novanta e che certamente non risponde più alle esigenze del ventunesimo secolo? «La trasformazione degli ambienti di vita è il risultato di un processo continuo che attraversa fasi successive – afferma l’architetto – C’è la costruzione della visione, ci sono i processi partecipativi, la programmazione, i confronti fra soluzioni alternative, la scelta del progetto da attuare, l’attività costruttiva. Impegna tempo, occorre ben gestirlo e ridurlo al minimo, ma si avvantaggia se c’è continuità amministrativa e impegno alla rapidità». E questa amministrazione, per esempio, potrebbe partire da iniziative che avrebbe già dovuto portare a termine fa anni fa e che invece sono ancora tra gli scaffali di Palazzo San Giacomo. «Suggerirei di partire dall’adozione del Puc, previsto dalla legge regionale del 16 del dicembre 2014, più volte sollecitato anche assegnando nuovi termini sempre disattesi – sottolinea Pica Ciamarra – Un Puc comunque all’interno di una visione metropolitana sulla quale aprire effettivi processi partecipativi».

E magari iniziare a lavorare su idee e progetti più o meno avviati. «Bisognerebbe portare a compimento opere progettate e appaltate, ma ormai fuori dai loro cronoprogrammi o addirittura ferme – dice l’architetto – e poi occuparsi della manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi pubblici e del verde cittadino. È scandaloso lo stato in cui si trovano, solo per esempio, il Parco della Rimembranza e il Virgiliano». Ecco di cosa avrebbe bisogno Napoli: di una visione, di progetti realizzabili, liberi da veli utopici e, dunque, di un’amministrazione che pensi davvero ai bisogni della città, non solo a salvarsi la faccia.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.