Sapete quanto valgono colazione, pranzo e cena di chi vive dietro le sbarre? Complessivamente, non più di tre euro e 90 centesimi. Ecco la cifra che la ditta affidataria sborsa, in Campania, per i tre pasti quotidiani dei detenuti che, di conseguenza, sono costretti ad acquistare personalmente generi di prima necessità a cifre spesso maggiorate e senza beneficiare di alcuno sconto. A denunciarlo è Samuele Ciambriello, garante regionale dei detenuti, che invoca una riforma delle modalità con cui vitto e sopravvitto vengono gestiti nei penitenziari della Campania.

«L’appalto ministeriale per il servizio di mantenimento dei detenuti prevede che l’approvvigionamento alimentare sia assegnato in base al costo più basso – spiega Ciambriello – E l’aggiudicatario è tenuto ad assicurare anche il servizio per il sopravvitto. Qui bisogna evidenziare che il valore economico del sopravvitto raggiunge circa il 50% dei volumi complessivi, rappresentando una fetta cospicua di ogni singolo accordo». In altre parole, la gara per assicurare colazione, pranzo e cena ai detenuti è affidata in base al criterio del massimo ribasso. Tanto poi, per chi vive in cella, c’è il sopravvitto. Già, perché i detenuti possono acquistare beni di prima necessità al di fuori del vitto ordinario. Ma spesso sono costretti a farlo a prezzi più alti almeno di 20 centesimi rispetto al costo consueto e senza la possibilità di beneficiare degli sconti spesso previsti per i prodotti a breve scadenza. Senza dimenticare che la gamma di prodotti e marche a disposizione dei reclusi è assai limitata. Ciò si verifica per pasta, acqua, shampoo, dolciumi e bombolette di gas per i fornellini, come denunciato anche dagli avvocati delle Camere penali campane che a Ferragosto hanno visitato le carceri di Santa Maria Capua Vetere, Bellizzi e Ariano Irpino.

Questa situazione si traduce immancabilmente in un supplemento di pena per i detenuti. Ciascuno di essi, infatti, dispone di 150 euro a settimana da spendere per il sopravvitto. Se il vitto è scarso e i prezzi per i generi di prima necessità acquistabili sono puntualmente maggiorati, quei 150 euro rischiano di non bastare. Con la conseguenza che sono le famiglie dei detenuti, spesso e volentieri indigenti, a dover sostenere ulteriori spese per garantire gli indispensabili generi di prima necessità ai congiunti che si trovano in cella. Risultato: se si fa una stima economica delle risorse investite dai familiari e dai reclusi nei soli istituti di Poggioreale e Secondigliano, sono addirittura 14 i milioni di euro spesi in un solo anno.

«Una circolare, risalente al 1988 ma ancora in vigore, impone costanti, puntuali e penetranti controlli in ordine al servizio del sopravvitto per detenuti con particolare attenzione ai prezzi e di fornire al Comune l’elenco dei generi posti in vendita specificando per ognuno qualità, marca e prezzo – conclude Samuele Ciambriello – Questo, però, non avviene. Se vogliamo assicurare una giustizia equa sia dentro sia fuori dal carcere, i prezzi devono essere adeguati, in tutti gli istituti, a quelli di mercato: solo così si può mettere fine a quella che è un’autentica e inaccettabile speculazione».

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.