«Per la prima volta il Parlamento ha discusso in via ufficiale la separazione delle carriere dei magistrati, è caduto un tabù». Il Presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza, sentito dal Riformista, ci tiene a non definirsi «soddisfatto» perché «la battaglia ancora continua», ma ammette: «La prima pietra è stata messa, il tema è ormai sul tavolo». Ieri la Camera dei Deputati ha dibattuto sulla proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare promossa dalle Camere Penali – e sostenuta da radicali, forzisti e parlamentari di quasi tutti i partiti – con oggetto la separazione delle carriere dei magistrati. Il provvedimento intende dividere l’ordine giudiziario in due categorie: una magistratura giudicante e una magistratura inquirente.

La suddivisione prevede due diversi concorsi per gli aspiranti candidati, subito distanziati e proiettati in due professioni diverse, e l’istituzione di due distinti Csm al posto dell’unico vigente, con un riequilibro in senso paritario del rapporto numerico tra membri togati e membri laici. La proposta delle Camere Penali contempla anche la modifica dell’articolo 112 della Costituzione, regolante l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azienda penale. La separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e inquirenti non ha mai fatto breccia in una magistratura sostanzialmente conservativa e in un Parlamento troppo timido. Adesso però, complici i recenti scandali, il vento potrebbe essere cambiato. «Certamente il palamaragate ci ha facilitato il percorso, rendendo urgente una discussione altrimenti rinviata a chissà quando», dichiara Caiazza che ha raccolto «oltre 74.000 firme certificate di cittadini» per «smuovere il Parlamento». Ieri alla Camera qualcuno sembrava effettivamente smosso, nel senso di vivace guerrigliero. Come il deputato e giurista di Forza Italia Francesco Paolo Sisto: «Chi giudica non può accusare e chi accusa non può giudicare, lo impone il diritto naturale». Sulla stessa linea diversi esponenti di Forza Italia, partito molto sensibile sul tema e che Sisto tiene a definire «fuori dalla maggioranza».

Anche Fratelli d’Italia, con l’intervento di Ylenja Lucarelli, si è schierato per la separazione delle carriere, contro «un’anomalia e una giustizia malata». Con loro Azione di Carlo Calenda, che ha twittato «basta intrecci pm-giudici e politica-magistratura». Più timida la maggioranza di governo, con il Movimento 5 stelle piombato in silenzio tombale. I renziani, secondo alcune fonti non ancora compatti sul tema nonostante le precedenti aperture dello stesso Renzi, si riuniranno oggi per prendere una decisione comune. Critica Leu, il cui esponente Federico Fornaro ha dichiarato che l’abbandono dell’obbligatorietà dell’azione penale e la separazione delle carriere possono costituire un «rimedio peggiore del male». Più complessa la posizione del Pd, chiamato a un ruolo di mediazione nella maggioranza. Il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti ha auspicato una «riforma che eviti squilibri costituzionali sia a favore del potere politico che di quello giudiziario».

Il collega Alfredo Bazoli, capogruppo del Pd in Commissione Giustizia alla Camera, ragiona con Il Riformista: «Ci sono delle perplessità. Se il ruolo del pm acquisisce troppa autonomia potrebbe avere eccessivo potere, se invece viene subordinato al potere esecutivo, sarebbe ostaggio». Il democratico prosegue: «Ritengo non ci sia bisogno di modificare la Costituzione, intervenendo sul Csm. Rischieremmo uno scontro istituzionale con la magistratura». Allora quali modifiche si possono fare? «Nella riforma del processo penale stiamo valutando di dare al Gip più potere durante le indagini preliminari, limitando quello del Pm». E sulla separazione delle carriere? «Ne facciamo una de facto, limitando a due i passaggi da un ufficio a un altro». Parla a nome del Pd? «Sì, e sulla base di questa proposta proveremo ad allargare il campo, incluso il Movimento 5 stelle». Il provvedimento è tornato in Commissione, dove sarà ridiscusso giovedì, per poi risbarcare in aula. Chissà con quale nuova forma e con quali avversari. Caiazza vede l’opposizione della «magistratura associata e dell’universo politico ed editoriale che le sta intorno», ma il silenzio del Movimento 5 stelle, storico nemico di ogni riforma della magistratura, gli ha regalato speranza: «Forse hanno taciuto perché nel merito non avevano nulla da obiettare. Oppure il clima si è svelenito e la guerra di religione sta ormai finendo».