«Da anni sento ripetere che vanno spezzati i legami fra politica e magistratura, vietando la possibilità al magistrato che va in politica di tornare a fare il magistrato. Ma perché nessuno, invece, si interroga sugli incarichi che la politica assegna ai magistrati – che premono per averli – e che alimenta il legame e l’interdipendenza tra due “poteri” che la Costituzione vede divisi e separati?» afferma Antonio Leone, presidente del Consiglio di presidenza della Giustizia Tributaria ed ex membro del Csm.

A cosa si riferisce?
Per quale motivo, ad esempio, il capo del Dap deve essere un magistrato? Non sarebbe meglio un provveditore? Il carcere è un mondo complesso che per essere gestito in maniera efficace necessita di una figura che abbia la perfetta conoscenza delle dinamiche interne. La giurisdizione gestisce la vita processual-penalistica dell’imputato, lo Stato quella carceraria.

Non serve un pm antimafia?
Ma cosa c’entra. I condannati per mafia e sottoposti al regime del 41 bis sono solo una piccola minoranza dei circa 60mila detenuti presenti nei penitenziari.

C’entra allora la maxi retribuzione?
Il capo del Dap è uno dei ruoli più pagati della pubblica amministrazione: fino al 2013 540mila euro, ora 320mila. La retribuzione, sottoposta al “trascinamento”, è percepita anche quando si cessa dall’incarico e vale ai fini pensionistici. Ricordo che il dottor Giancarlo Caselli, numero uno del Dap dal 1999 al 2001, fece ricorso per impedire che la sua pensione fosse toccata dai tagli. Mi pare un ottimo motivo perché i magistrati vi ambiscano. Una “bella poltrona”, come dicevano i 5Stelle, a cui anche il dott. Nino Di Matteo, che con i grilli ha sempre avuto buoni rapporti partecipando ai loro convegni, pare aspirasse, altrimenti non avrebbe tirato in ballo dopo due anni il suo “siluramento”.

Serviva lo scandalo Palamara per capire che qualcosa non torna nel rapporto fra toghe e politica?
La politicizzazione delle magistratura si trascina da decenni. Senza tornare agli scontri dei governi Berlusconi, ricordo che una corrente della magistratura si schierò apertamente, facendo campagna elettorale per il No, al referendum sulla riforma della Costituzione proposta da Matteo Renzi. Nel 2001 venne presentato il primo di numerosi progetti, tutti poi arenatisi, per porre un freno alle “porte scorrevoli” fra magistratura e politica. In compenso abbiamo avuto effetti paradossali, con magistrati che hanno fatto i presidenti di organi di costituzionali, i ministri, i presidenti di Commissioni, i responsabili giustizia di partiti. Mi trovi esempi del genere in altri Paesi occidentali.

Perché, pur con governi di diverso schieramento, nessuno ha la forza di fare una riforma efficace?
La politica ha avuto un atteggiamento “accomodante” con i magistrati e gli incarichi che offre ai magistrati ne sono l’esempio perfetto. Senza mai dichiaralo espressamente, la politica ha pensato di ingraziarsi i magistrati dando loro presidenze di commissioni, direzione di Authority, presidenze di Enti. E numerose consulenze ben remunerate. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha come consulente per la redazione dei pareri giuridici, retribuito con un compenso di 40mila euro annui per 80 ore di lavoro che si somma allo stipendio di magistrato, un giudice in servizio presso la Cassazione e che riveste pure un altro incarico retribuito. Il tutto con l’avvallo del Csm. I grillini non dicono nulla di una consulenza da 500 euro l’ora in periodo di crisi? O gli abusi vengono solo dagli avversari politici?

Gli incarichi dirigenziali al ministero della Giustizia sarebbero “lottizzati” tra le correnti.
E sa qual è la conseguenza? Non c’è legge sgradita alla magistratura che possa essere portata all’attenzione del Parlamento.

È saltata la divisione dei poteri?
Per la verità non è saltata, non c’è mai pienamente stata. È divisione dei poteri l’intreccio che esiste tra la politica che elargisce, per legge o meno, gli incarichi dirigenziali presso il Ministero ai vari magistrati di turno pretendenti? È come se al Ministero della salute i vertici fossero solo medici. E così lo stato di diritto si è allontanato sempre più dal diritto.