L’altro giorno il consigliere Alessio Lanzi ha lasciato la commissione disciplinare del Csm, perché era stato accusato di aver avuto un incontro con l’avvocato di Luca Palamara. L’incontro era avvenuto 24 ore prima della decisione del Csm di audire Palamara. Il Csm ancora deve esaminare le posizioni di un centinaio di magistrati virtualmente travolti da Magistratopoli.

Adesso che, spero, la mia vicenda si è conclusa, tengo a puntualizzare, per amore di verità, talune circostanze che sono state fraintese o mal interpretate in talune comunicazioni sui media.
– Innanzitutto Palamara è stato “audito” e non “interrogato” (atto processuale che riguarda gli indagati). Ciò comporta la rilevante conseguenza che non sarebbe stato assistito da un difensore, in quanto nel procedimento avanti la Commissione, aveva, né più né meno, il ruolo di un teste; mentre è indagato a Perugia, e non certo a Roma, né tanto meno in qualche modo inquisito al Csm.
– Che oltre ai consiglieri di Area, e (credibilmente) una di Autonomia e Indipendenza, secondo una certa stampa, “molti” altri consiglieri avrebbero chiesto il mio allontanamento, è circostanza che francamente non si capisce dove e come sia stata appresa; a me non risulta. L’unica cosa certa è che tre componenti della Prima Commissione (e quindi la maggioranza) non hanno avuto alcunché da obiettare e, da subito, hanno ritenuto del tutto irrilevante l’episodio che mi riguarda.
– L’incontro professionale col Prof. Rampioni, su temi accademici e editoriali che ci uniscono, si è svolto prima della riunione di Commissione in cui si parlò dell’audizione di Palamara. In tale riunione, la proposta di ampliare il tema dell’audizione non fu mia ma di altro consigliere; non venne poi approvata e l’audizione si limitò solo a taluni aspetti.
– Non ho certo dovuto sorbire alcun “amaro calice” (come è stato anche scritto) in quanto sono stato io a chiedere di cambiare Commissione (speravo, solo, dopo aver ultimato rilevanti pratiche in via di definizione) poiché avevo perso ogni senso di fiducia nei confronti di due consigliere; due su cinque, che però hanno trovato la sponda del pronto avvicendamento da parte del Comitato.

In ogni caso, devo dire che questa vicenda è stata però anche utile: innanzitutto perché mi ha insegnato a conoscere compiutamente e fino in fondo le persone con cui lavoro; e soprattutto perché mi ha confermato sempre più nella necessità di un impegno profondo, a tutela degli irrinunciabili principi in cui credo, per assicurare alla comunità civile una Giustizia nel rispetto dei principi costituzionali. E in tal senso continuerò a lavorare con rinnovato vigore.