Indipendenza, imparzialità, legalità, sono i connotati essenziali della giurisdizione. La nostra Costituzione ha posto questi principi quali stelle polari per tutti coloro che la esercitano, ossia i Magistrati. Essi formano un Ordine che deve essere “autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104, co. 1°, Cost.), strumentale alla garanzia dei diritti e delle libertà dei cittadini. L’amministrazione di tale ordine è affidata al Consiglio Superiore della Magistratura al quale “spettano, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati” (art. 105 Cost.).

Il CSM, quindi, è un organo istituito per sottrarre l’amministrazione dei magistrati al Governo – e, segnatamente, al Ministro della Giustizia, al quale, diversamente, essa avrebbe dovuto essere ricondotta – e, in tal modo, per garantire l’effettività dei principi di indipendenza, imparzialità e neutralità politica della giurisdizione. Un organo, dunque, non politico ma tecnico-amministrativo, chiamato a dare attuazione alle “norme dell’ordinamento giudiziario” e composto da tecnici del diritto: magistrati; professori ordinari di università in materie giuridiche; avvocati dopo quindici anni di esercizio (art. 104 Cost.). Perché il sorteggio sarebbe il modo migliore per designare i componenti togati di questo Organo di rilievo costituzionale? Perché esso è il metodo assolutamente più oggettivo e democratico che esista per comporre gli organi amministrativi e giurisdizionali, specialmente applicato a una categoria omogenea di persone, qualificata e selezionata per concorso.

Tanto vero che è un sistema usato, ad esempio, per la designazione di membri di numerose commissioni giudicatrici di concorsi (come quelli per professori universitari) o di gare pubbliche, ma anche per la scelta dei componenti di organi giudiziari (ad esempio la Corte di Assise ed il Tribunale per i ministri; persino la Corte Costituzionale, in taluni casi, vede la sua composizione allargata con giudici estratti a sorte). Lo stesso abbinamento tra giudici e affari – in applicazione del fondamentale principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge – è automatico.
Al contrario della vulgata secondo la quale il sorteggio sarebbe un insulto alla capacità di scegliere i propri rappresentanti, giova osservare che la Costituzione parla di elezione “tra” gli appartenenti alle varie categorie.
Ciò significa che il CSM non è stato costituito per essere un consesso di rappresentanti “politici” di diversi gruppi/partiti, ma un organo collegiale neutro e imparziale nel quale fossero rappresentate le diverse professionalità dei magistrati (inquirenti, giudicanti, di legittimità).

Non un organo politico, ma un’amministrazione a tutela delle prerogative dei magistrati, soprattutto della fondamentale indipendenza interna, oltre che il loro organo disciplinare. Presupposto del sorteggio è la capacità e il giudizio prognostico positivo su tutti i magistrati, in quanto capaci di svolgere i compiti di alta amministrazione del Consiglio Superiore, considerate le loro competenza e professionalità e la loro differenziazione, nell’esercizio della giurisdizione, solo per le funzioni svolte (art. 107, comma 3, Cost.). Il metodo che verrebbe utilizzato servirebbe piuttosto a spezzare il legame partitico che lega la componente correntizia al gruppo di appartenenza e che fomenta carriere parallele e lottizzazioni. Altrettanto infondata – e smentita dai fatti prima che dalla logica – è l’affermazione che il metodo aleatorio sia incostituzionale. Limiti al diritto di elettorato passivo sono sempre esistiti.

In questo momento storico introdurre il sorteggio come sistema di selezione dei candidati (seguita dal voto), con lo scopo di debellare un male che ha disonorato la credibilità del CSM, non può che essere accolto come un rimedio, quasi necessario, l’unico capace di creare discontinuità con il passato. Ciò non si contrapporrebbe in alcun modo al dettato dell’art. 104 Cost. e lascerebbe integro il diritto di voto agli elettori attivi. Si deve evidenziare che la platea delle persone sorteggiabili sarebbe certamente più ampia di quella ristretta scelta – direi oligarchica – operata dalle segreterie delle correnti secondo rigidi criteri di appartenenza e di fedeltà agli interessi particolari di un gruppo. Basti pensare che nell’ultima tornata elettorale i gruppi avevano candidato quattro magistrati per quattro posti inquirenti (uno in quota a ciascuna corrente), così dando luogo ad una elezione-farsa.

Molto più incostituzionale, dunque, l’attuale assetto del CSM, che da organo imparziale e tecnico è stato trasformato nella brutta e falsa copia di un mini parlamento, al cui interno albergano le divisioni per gruppi, le faziosità, le lotte fratricide, l’accaparramento di voti per interessi di parte, il mercato delle nomine e dei favori. Tutto l’opposto di ciò che dovrebbe garantire un’amministrazione terza e fondata sulla trasparenza. La tranciante designazione per alea dei candidati, invece, impedirebbe le dinastiche designazioni dei pretesi “migliori” e più “meritevoli” – è sotto gli occhi di tutti in che termini – tra i magistrati e contrasterebbe adeguatamente il pericolo del condizionamento dei percorsi professionali al consenso altrui. Altra obiezione spesso rivolta al sorteggio è che esso impedirebbe di selezionare per merito e in base alle diverse culture che animano l’associazionismo giudiziario o, comunque, la magistratura nel suo complesso. Niente di più falso.

Le funzioni del CSM sono di natura tecnica, di alta amministrazione, devono essere connotate da imparzialità e governate dal principio di uguaglianza e di buon andamento (artt. 3 e 97 Cost.). Esse non richiedono un merito particolare degli amministratori per essere esercitate, se non lo studio accurato della normativa nelle materie sulle quali l’organo di governo autonomo è chiamato ad esercitare le sue funzioni, compito che ogni magistrato abilitato a comminare ergastoli o condanne a pagamenti ultramilionari sulla base di normative assai complesse è in grado certamente di adempiere. Ciò che più conta per esercitare detti compiti, dunque, non è il valore del magistrato (il suo “merito”), ma la sua onestà, la sua imparzialità, la sua professionalità, la sua capacità di riconoscere le competenze altrui.

A queste doti dovrebbe essere naturalmente “vocato” ciascun magistrato, ancor più nelle sue ordinarie funzioni.
In conclusione il sorteggio appare l’unico modo per liberare il CSM dalla morsa correntizia, ma anche per obliterare definitivamente l’innaturale connotazione politica/partitica del CSM e per ripristinare l’originario carattere amministrativo ad alta professionalità dell’organo di governo autonomo dei magistrati, come voluto e prefigurato dall’Assemblea Costituente.